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L'omicidio di Palermo: a sparare sarebbe stato un lavoratore di un locale vicino a quello del cameriere algerino ucciso

Gli investigatori hanno stretto il cerchio anche attorno ad alcuni suoi possibili complici

La caccia all’assassino di Badr Boudjemai, il cameriere algerino di 41 anni, ucciso con tre colpi di pistola venerdì notte in via Roma, a Palermo, ha prodotto un risultato nell’arco di poche ore. Gli investigatori hanno stretto il cerchio attorno a un sospettato e ad alcuni suoi possibili complici. A sparare sarebbe stato l’impiegato di un locale vicino al quale lavorava la vittima, nella zona di via Emerico Amari. Ieri quest’uomo ed altre persone sono stati condotti in caserma per essere ascoltati ed essere sottoposti all’esame del tampon kit, il vecchio guanto di paraffina, per trovare tracce di polvere da sparo. La loro posizione è al vaglio della magistratura. Contestualmente sono state compiute diverse perquisizioni, anche nella ricerca dell’arma usata per il delitto, che sarebbe un revolver.

Una frenetica attività, quella condotta dai carabinieri, che, oltre ad alcune testimonianze, hanno esaminato i tanti filmati registrati dalle telecamere di videosorveglianza installate in via Roma: lì sarebbero rimaste impresse le fasi dell’agguato, una sorta di esecuzione, visto che il killer, dopo avere centrato il bersaglio con due proiettili alla schiena, ha finito la vittima con un colpo alla testa, sparato a bruciapelo. Ma quale sia il movente del delitto resta un mistero, anche per via della fedina penale immacolata del nordafricano, dedito al lavoro e alla famiglia. Anche se, alla luce degli elementi raccolti dagli inquirenti, al centro della vicenda potrebbero esserci motivi banali, forse contrasti legati a questioni nate sul lavoro. È ancora prematuro per dirlo con certezza e si attende che le indagini arrivino a conclusione. Ma le testimonianze raccolte nelle ultime 24 ore avrebbero fatto emergere questi contrasti, non collegati a storie criminali.

I carabinieri sono al lavoro per ricostruire in che guai possa essersi cacciato Badr Boudjemai, conosciuto da tutti come Samir, sposato con una tunisina e padre di due figli piccoli, per comprendere chi e perché ne abbia deciso la sua morte. Gli accertamenti si sono concentrati sull’esame delle registrazioni delle decine di telecamere piazzate lungo via Roma, dove l’uomo, come ogni sera, dopo avere finito il lavoro nel ristorante Appetì di via Emerico Amari, si era incamminato per fare rientro a casa, non lontano dalla stazione centrale. Gli uomini che lo hanno seguito sino alle Poste centrali sarebbero rimasti immortalati nelle immagini sia nella fase del pedinamento che quando sono entrati in azione, all’altezza di via Valverde. La quantità di filmati è vasta e ha tenuto impegnati gli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni e dal pm Vincenzo Amico. In base alle prime valutazioni, a entrare in azione sarebbero stati almeno in due: colui che ha sparato era cioè in compagnia di un complice.

I carabinieri, inoltre, hanno esaminato il telefono cellulare della vittima: nell’apparecchio, oltre al messaggio inviato alla moglie, come ogni sera, annunciando l’imminente arrivo a casa, ci sono i suoi contatti. E anche dall’esame dei numeri composti e delle chiamate ricevute, oltre che dei messaggi, sarebbero arrivate preziose indicazioni. Mancherebbe dunque poco per spazzare via il mistero attorno al movente e all’autore dell’omicidio. L’algerino è stato definito da tutti una persona perbene e d’animo buono. I colleghi di lavoro e i familiari lo hanno descritto come una persona sempre disponibile e sorridente, una dote che gli aveva consentito di lavorare anche con un certo successo nel ristorante di via Amari, dove era addetto all’accoglienza dei clienti. Un uomo bene integrato in città, che in passato aveva lavorato pure sui traghetti. Eloquenti le parole della sorella, Fella Boudjemai, che lavora per Msf, Medici senza frontiere: «Mio fratello era una persona buona che lavorava per la sua famiglia, per la moglie e i due figli piccoli che adorava. In famiglia non riusciamo a comprendere cosa sia successo. Sorrideva sempre al lavoro. Era una persona splendida».

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