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Dall'acqua alla cannabis alle armi: tutti gli affari della cosca di Ciaculli: le foto degli arrestati

L’indagine che ieri ha portato ai 31 arresti di Palermo «colpisce un gruppo di soggetti - si legge nel comunicato diffuso da polizia e carabinieri, che hanno effettuato l’operazione - gravemente indiziati di essere direttamente legati a Giuseppe Greco e Ignazio Ingrassia che, forti dei loro storici legami con Cosa Nostra, sarebbero stati in grado di coadiuvare i due vertici nella gestione del mandamento mafioso e nella conduzione delle attività illecite che alimentavano le casse della famiglia mafiosa di Ciaculli».

Non a caso fra i soggetti destinatari di misura cautelare e oggetto delle investigazioni dei carabinieri di Palermo figurano Francesco Greco di 65 anni, direttamente legato per connessioni parentali ai vertici del mandamento, ed Emanuele Prestifilippo, cinquantunenne. L’agguerrita compagine criminale, per il tramite dei suoi collaboratori, si sarebbe dunque occupata dell’imposizione delle cosiddette sensalerie sulle compravendite di immobili ricadenti sotto l’area di influenza, commettendo vere e proprie condotte estorsive in danno di quei cittadini che, per concludere affari immobiliari, si sono visti costretti ad accettate l’opera di mediazione degli indagati.

Altro settore illecito è quello della coltivazione di piantagioni di cannabis-sativa, da cui veniva ricavato lo stupefacente destinato alle piazze di spaccio del capoluogo. Le acquisizioni dei militari del Nucleo Investigativo hanno, altresì, evidenziato che la compagine criminale avrebbe tratto parte del suo sostentamento anche dalla gestione delle acque irrigue, impropriamente sottratte direttamente alla conduttura San Leonardo, di proprietà del Consorzio di Bonifica Palermo 2. Gli affiliati alla famiglia mafiosa di Ciaculli sarebbero, infatti, intervenuti direttamente sulle condotte del consorzio, forzandole e incanalando l’acqua in vasche di loro proprietà, per poi ridistribuirla ai contadini operanti nell’agro Ciaculli-Croceverde Giardini e Villabate. Tale circostanza, oltre a costituire un guadagno illecito per l’organizzazione mafiosa, avrebbe permesso alla famiglia mafiosa di Ciaculli di accreditarsi verso numerosi produttori agricoli, ergendosi a punto di riferimento per la gestione di uno dei beni essenziali per eccellenza: l’acqua.

Un ulteriore «affare» sul quale gli uomini di Ciaculli avrebbero imposto il controllo, è stato rintracciato nella gestione delle piattaforme di gioco per le scommesse on-line illegali. Questo delicato settore, che risulta una costante nella moderna economia che costituisce gli affari delle famiglie mafiose siciliane, avrebbe assicurato cospicui introiti nella cassa della consorteria di Ciaculli e di quel mandamento mafioso, che avrebbe imposto sul territorio l’utilizzo di piattaforme di gioco che non avrebbero rispettato la normativa sulla prevenzione patrimoniale imposta alle attività ludiche dalle leggi italiane. Il compenso, tuttavia, sarebbe stato versato dagli esercenti, in proporzione ai guadagni ricavati, nelle casse del mandamento mafioso. I proventi delle attività illecite sarebbero stati poi reinvestiti in alcune attività commerciali.

Dalle indagini è anche emerso che la compagine mafiosa avrebbe avuto anche a disposizione un vero e proprio arsenale di armi. L’intervento dei Carabinieri ha, infatti, consentito nell’ottobre 2020 di arrestare in flagranza di reato Emanuele Prestifilippo e di rinvenire nella sua disponibilità un fucile da caccia (doppietta) marca Beretta cal. 12 e otto munizioni celate all’interno di alcune balle di fieno accatastate nel maneggio di sua proprietà nella zona di Croceverde Giardini, fatti per i quali vi è procedimento penale in corso.

Le acquisizioni in possesso dei militari dell’Arma avrebbero tuttavia consentito di presupporre che la potenza di fuoco della famiglia mafiosa potesse contare anche su numerose armi semiautomatiche gestite dai sodali e nascoste nell’agro di Ciaculli, sinora non rinvenute.

Contestualmente la polizia giudiziaria operante ha dato esecuzione al sequestro preventivo del capitale sociale, dei beni aziendali e dei locali della impresa, per un presunto valore complessivo di circa 350.000 euro in quanto frutto di intestazione fittizia, nei confronti di imprese ed esercizi commerciali, tra i quali una rivendita di prodotti ittici, due rivendite di caffè e tre agenzie di scommesse.

I nomi degli arrestati

Ecco  nomi e le età degli arrestati del blitz di ieri. Fra loro anche due calabresi.

In carcere: Vittorio Emanuele Bruno, 43 anni; Ludovico Castelli, 55 anni; Paolino Cavallaro, 28 anni; Girolamo detto "Jimmy" Celesia, 53 anni; Settimo Centineo, 39 anni; Antonino Chiappara, 55 anni; Giuseppe Ciresi, 33 anni; Maurizio Di Fede, 53 anni; Gioacchino Di Maggio, 39 anni; Pietro Paolo Garofalo, 53 anni; Sergio Giacalone, 53 anni; Francesco Greco, 65 anni; Antonino Lauricella, 52 anni; Ignazio Lo Monaco, 46 anni; Antonio Lo Nigro, 42 anni; Salvatore Lotà, 62 anni; Tommaso Militello, 59 anni; Rosario Montalbano, 36 anni; Antonino Mulè, 41 anni; Tommaso Nicolicchia, 38 anni; Francesco Oliveri, 37 anni; Onofrio Claudio Palma, 43 anni; Giuseppe Parisi, 45 anni, nato a Melito Porto Salvo (Rc); Pietro Parisi, 41 anni, nato a Siderno (Rc); Vincenzo Petrocciani, 41 anni; Emanuele Prestifilippo, 51 anni; Cosimo Salerno, 44 anni; Andrea Seidita, 48 anni; Luciano Uzzo, 52 anni.

Ai domiciliari: Michele Mondino, 78 anni; Giuseppe Orilia, 71 anni.

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