Letizia Battaglia non aveva un carattere facile. Urlava quando c’era da urlare. Ma riconosceva il fatto che chi aveva di fronte potesse avere le proprie idee. Ed era sicuramente un buon maestro. Luciano Del Castillo, fotografo palermitano oggi nella redazione Immagini dell'Ansa, dopo aver girato il mondo, è stato un allievo della fotografa morta ieri a 87 anni.
Erano gli anni '80 quando Del Castillo entra per la prima volta nello studio della Battaglia, un amico sapeva della sua passione di giovane fotografo (aveva 19 anni e si era appena diplomato al liceo Umberto): «Non c’erano grossissimi riferimenti - racconta Luciano -, nonostante in Sicilia ci fossero grandi fotografi. Avevo ereditato la passione per la macchina fotografica da mia nonna, Maria Barichevich, che era una viaggiatrice di origine istriana».
L'allievo cominciò dalla camera oscura e dalla cronaca spicciola, ma durò poco, a Palermo erano gli anni della guerra di mafia e nel 1982 Letizia Battaglia lo lanciò sulla cronaca nera. «Lei ha saputo dare a questo mestiere una unitarietà, era una donna molto forte, capace, spinta da una grande forza interiore. A volte un po’ rude, come spesso accade per personalità di quel calibro. E la sua capacità fu proprio riuscire a dare a Palermo un racconto omogeneo su ciò che stava accadendo in quegli anni». Cuore e istinto, al di là della tecnica. Le regole principali che un cronista impara per strada.
«Con lei non si parlava di tecnica - continua -. Quello che mi ha passato è stata una passione, anche una passione sociale. Nel corso degli anni ho fatto diversissime cose ma ho sempre portato dentro di me anche quella onestà intellettuale».
E poi ci sono i ricordi: «Una volta vidi una sua foto bellissima che aveva scattato al Borgo Vecchio ad una bambina, in una abitazione modesta con delle luci molto difficili, le chiesi come aveva fatto e lei rispose candidamente: "E chi saccio io". Ho pensato che fosse gelosa del suo lavoro, poi mi resi conto che invece non se la tirava affatto. Per lei era naturale».
Del Castillo è rimasto con lei un paio di anni, ma l'amicizia non si è mai interrotta: «Quando ci vedevamo, mi chiedeva sempre se ero fidanzato. Era curiosa anche degli aspetti personali degli altri».
«Palermo perde un grande punto di riferimento, lei è riuscita a fare aprire il centro di fotografia internazionale. Con lei avevo conosciuto grande personaggi, che frequentavano la sua casa: rilanciava idee e cultura, con la sua caparbietà. La sua morte mi lascia dentro tante cose, riflettevo su quanto di lei mi sia rimasto. È stato un privilegio poterle stare accanto. Era rimasta una persona umile ma determinata che spesso veniva scambiata per arroganza, invece è capacità di capire e voler andare per la tua strada».
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