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Palermo, di ventimila euro la somma alla base del dissidio tra Giancarlo Romano e Camillo Mira

Dietro il delitto dello Sperone potrebbero esserci gli interessi sulle scommesse on line. La mafia avrebbe voliuto imporre la propria organizzazione

Sarebbe stato di 20 mila euro l'importo della somma che avrebbe scatenato la guerriglia finita poi nel delitto dello scorso 26 febbraio nel quartiere Sperone di Palermo. Potrebbe essersi trattato di un debito di gioco, nato attorno al giro di scommesse clandestine raccolte nel magazzino in via XXVII maggio, il luogo della sparatoria. Il clan pretendeva quella somma da Mira, che però intendeva rimandare il pagamento per mancata disponibilità di denaro. Debito? Estorsione? Le indagini sono tuttora in corso.

Nell'inchiesta che ha portato ai nove arresti della squadra mobile emerge il coinvolgimento di Giuseppe Arduino e Vincenzo Vella, due degli arrestati, nella gestione del gioco e delle scommesse, insieme a Giancarlo Romano, l'uomo ucciso lunedì scorso. Secondo le indagini condotte dalla polizia, gli indagati hanno cercato di imporre sul territorio i circuiti di gioco d'azzardo on line a loro riferibili. Tanto che Vella, Arduino e Romano avevano convocavato chi raccoglieva le scommesse, invitandoli a non usare i pannelli di Camillo Mira, l'uomo in carcere con l'accusa d avere ucciso Romano. Anzi, lo stesso Mira, secondo la volontà del clan, doveva togliere i suoi e sostituirli con quelli forniti dall'organizzazione che faceva capo ad Arduino, Vella e Caruso. Ed è proprio con i Mira che lo scorso lunedì è nato lo scontro che ha provocato prima l'aggressione nel magazzino di via XVII Maggio da parte di Alessio Salvo Caruso, poi la reazione di Camillo Mira e del figlio Antonio e infine il conflitto a fuoco nel quale Giancarlo Romano è stato ucciso e Alessio Salvo Caruso gravemente ferito.

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