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Palermo, parla il buttafuori aggredito: «Ho un occhio distrutto e non posso lavorare»

Una serata al Country (foto dalla pagina Facebook del Country Disco Club)

«Ti abbiamo gonfiato come un pallone e ora ti prendi il resto, così non fai lo sbirro...». Salvatore Barcellona, 51 anni, addetto alla sicurezza, era appena uscito, sabato 15, dalla discoteca del Country, dove poco prima era stato brutalmente aggredito da un branco di ragazzi decisi a varcare i cancelli ad ogni costo. Che, questa volta, è stato imprevedibilmente alto. Una intimidazione che si aggiunge alle lesioni personali gravi, visto che quel cazzotto sferrato da uno di loro gli ha (al momento?) fatto perdere la vista dall’occhio destro.

È questo il verdetto dei medici, dopo l'intervento che Barcellona, padre di due figli, ha dovuto subire all'ospedale Civico nella speranza di arginare la possibile, fatale, conseguenza di una serata di divertimento (altrui) finita male per lui, che invece era al lavoro. Un gigante, una montagna d’uomo che ti metti paura solo a guardarlo e che, per la prima volta nella sua lunga carriera, inconvenienti del mestiere a parte, ha visto vincere la forza bieca di quattro balordi. E lui resta a pagarne il prezzo.

«Al momento sono cieco - racconta adesso il buttafuori, da 30 anni impegnato nei servizi di sicurezza -. Il pugno ricevuto mi ha spaccato l’occhio in quattro parti e i medici me lo hanno ricucito con un intervento durato 4 ore. Dovrò attendere tre mesi per capire se la funzionalità può essere parzialmente recuperata, ma intanto devo stare a riposo assoluto e quindi niente lavoro non solo nei locali, ma neppure nella palestra di cui sono titolare e dove faccio il personal trainer». Al danno, si aggiunge la beffa.

Una testimonianza sofferta, quella di Barcellona, abituato da sempre a essere oggetto di frasi anche molto minacciose come «ti spariamo», «ti seppelliamo» o «ti aspettiamo fuori». Promessa, quest’ultima, scientificamente mantenuta dai sette giovani tra i 17 e 20 anni circa che poco prima lo aveva lasciato a terra tra le transenne all’ingresso del locale, in viale dell'Olimpo.

L’arroganza, la spavalderia illimitata, la spedizione punitiva ormai consuetudine della mala-movida. Invece di scappare, il gruppo, in assetto da squadraccia, lo aveva atteso per «aggiungere il carico» alle legnate, accanendosi nuovamente sul buttafuori con bottiglie in mano e minacciandolo per evitare di essere denunciati. Impossibile, perché intanto il gestore della discoteca aveva chiamato le forze dell’ordine.

Ma cosa è successo quella sera, per scatenare una simile furia selvaggia? «In realtà, all’inizio, non sembrava nulla di diverso da ciò che accade sempre nelle serate musicali - continua Barcellona -. Giovanissimi che spingono per entrare e noi che li mandiamo indietro. Momenti di tensione che però poi finiscono lì, con qualche spallata al massimo. Quel sabato sera ho capito che i colleghi all’ingresso erano in difficoltà e li ho raggiunti. Il gruppetto di sette ragazzi pretendeva l’accesso in discoteca senza pagare, sostenendo che poco prima la stessa cosa era stata consentita ad altri. Non era vero, ovviamente».

I ragazzi insistono dicendo che sono «gente brava di Palermo e che si meritano di andare a ballare». Barcellona, fidando anche sulla sua possanza, si avvicina e tenta di farli ragionare. A quel punto si avventano su di lui, che ne blocca subito uno sotto il braccio e si accorge all’ultimo istante che un amico del primo giovane è alle sue spalle. Si gira e quello lo colpisce prima alla bocca e poi dritto nell’occhio. Arrivano i rinforzi degli altri addetti alla sicurezza e il branco si dilegua. Apparentemente, visto che il pestaggio ha poi avuto una seconda puntata. «Sono scientificamente violenti - conclude -. E non trovo giusto che per pochi facinorosi paghi un indotto che coinvolge migliaia di persone tra sicurezza, barman, addetti alle luci e ai suoni, gli operatori delle pulizie. La chiusura dei locali è una doppia sconfitta».

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