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Boss, prestanome ed estorti: così la mafia costruisce le proprie aziende

La mafia e le imprese. Nell'ordinanza che martedì 17 maggio ha portato all'arresto di 31 persone accusate di essere legate alle «famiglie» mafiose di Brancaccio, corso dei Mille e Roccella a Palermo, il gip traccia le modalità con cui cosa nostra porta avanti i propri affari.

Una linea, in certi casi anche abbastanza sottile, fra lecito e illecito. In cui l'imprenditore può essere direttamente un mafioso o un suo parente, un prestanome o un commerciante che paga il pizzo.

Le sfaccettature sono varie e diversificate, anche in relazione al momento storico in cui le aziende hanno fatto affari. Una analisi attualissima e che aiuta a comprendere anche il sistema con cui un imprenditore come Carmelo Lucchese, colpito oggi da una confisca da 150 milioni di euro, sia riuscito a costruire un impero grazie ai legami con i boss di Bagheria, come sostengono gli investigatori.

L'impresa mafiosa originaria

L'"impresa mafiosa originaria" è il primo genere che viene descritto nell'ordinanza. Si sviluppa negli anni Sessanta, soprattutto nel settore dell'edilizia, sia pubblica che privata. "Permette di assicurare profitti illeciti - scrive il giudice -, la copertura delle attività criminali, un più efficace controllo sociale attraverso un forte radicamento territoriale e l'egemonia sul mercato del lavoro con la conseguente 'legittimazione' del potere economico e politico dell'organizzazione di tipo mafioso di riferimento".

Elemento spesso caratterizzante delle imprese mafiose originarie è la forte individuazione attorno alla figura dominante del fondatore il quale la gestisce direttamente, seppure continuando ad espletare altre attività illecite della "famiglia". Pur avendo talvolta una diversa denominazione queste imprese sono solitamente conosciute come "appartenenti" all'esponente mafioso che le gestisce.

L'impresa di proprietà del mafioso

La cosiddetta "impresa di proprietà del mafioso" nasce poco dopo nasce poco dopo il consolidarsi dell'"impresa mafiosa originaria", tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, in corrispondenza della trasformazione dell'assetto giuridico.

Il processo di ristrutturazione è frutto di una strategia di diversificazione degli investimenti, operata dall'associato imprenditore per sottrarsi alle indagini anche di natura economica, con la conseguente creazione di molteplici imprese operanti, anche in forma societaria Nello stesso campo ma anche in settori diversi e create al fine di evitare la concentrazione degli investimenti di capitali illeciti in un'unica attività ho sempre nello stesso settore.

In questo contesto l'esponente di rilievo della mafia conserva la proprietà indiretta dell'attività che esercita attraverso un "soggetto pulito" che consente anche di evitare, o quantomeno di rendere più difficoltosi, eventuali sequestri o confische.

Il prestanome

Il prestanome, nelle imprese mafiose, è deputato alla gestione delle attività economiche ed è una persona "riservata" in quanto la sua partecipazione, in certi casi, non è resa nota neanche agli altri associati, ciò per evitare la conoscenza soprattutto da parte delle forze dell'ordine. I prestanome non si limitano a svolgere un'azione di copertura formale delle proprietà e dell'impresa ma gestiscono l'azienda disponendo anche di poteri relativamente autonomi.

L'impresa a partecipazione mafiosa

L'"impresa a partecipazione mafiosa" nasce e si consolida in coincidenza con gli interventi normativi che sanzionano e reprimono le ipotesi di interposizione fittizia nella gestione di capitali e di attività imprenditoriali riconducibili a mafiosi. La partecipazione mafiosa ha ad oggetto attività imprenditoriali spesso sorte nella legalità con cosa nostra ha instaurato compartecipazioni, reinvestendo i propri soldi. Si verifica così una compresenza di interessi illeciti con interessi leciti. Questo rapporto, inizialmente, si fonda spesso su atti violenti o intimidatori ma i suoi elementi essenziali sono i reciproci interessi e l'investimento di capitali. Questo tipo di imprese sono spesso società di capitali perché permettono di nascondere con maggiore efficacia le operazioni di riciclaggio e di reimpiego di capitali illeciti.

L'imprenditore subordinato

L'attività dell'"imprenditore subordinato" è assoggettata al controllo territoriale ed economico della mafia generalmente mediante il meccanismo dell'estorsione e della cosiddetta protezione passiva. L'imprenditore, in questo caso, è sottoposto a cosa nostra in forza di un rapporto basato sulla intimidazione, nella quale viene fuori il metodo mafioso. La mafia, cioè, pretende il pagamento del pizzo senza offrire in cambio nulla di concreto se non la garanzia di poter continuare a svolgere l'attività economica senza subire intimidazioni o danneggiamenti da parte di altri componenti dell'associazione mafiosa. Proprio in questa fattispecie emerge la differenza tra l'imprenditore colluso e l'imprenditore subordinato che non è altro che la vittima delle estorsioni.

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