Il mondo della cultura e un sottobosco di affari, clientele e soldi. Non tantissimi ma in grado di tenere legati il politico che aveva il «serbatoio elettorale» da riempire e gli artisti che cercavano ribalta. L’inchiesta Cala il sipario arriva a distanza di tre mesi dall’indagine che aveva portato agli arresti domiciliari la trombettista Marianna Musotto (ora tornata in libertà) in quel caso per un presunto tentativo di corruzione all’assessorato regionale al Turismo.
Il tema, ricorrente nelle due indagini, è il rapporto fra artisti e politici affinché lo spettacolo vada avanti. Uno dei due progetti per i quali Giulio Cusumano e Alessio Scarlata sono stati posti ai domiciliari ha mosso 26.627 euro (per Tradizioni e Natale nelle Capitali della Cultura 2018) ma, per l’accusa, «comprendenti 11.875,32 euro non dovuti, che andavano così a costituire un ingiusto profitto per gli indagati, con pari danno per la Fondazione Sant’Elia». La Festa del Teatro del 19 ottobre 2018 era stata, invece, sostenuta con 9.721,31 euro «comprendente il totale di 9.050,34 euro non dovuti». A dicembre di quell’anno, «a fronte del proprio interessamento», Angela Fundarò, vicepresidente della Fondazione, avrebbe ottenuto l’inserimento di «alcune sfilate di moda ad opera di Roberto Capone, con cui collaborava nell’organizzazione di due eventi collaterali ad alcune manifestazioni più importanti, finanziate sempre nell’ambito di Palermo Capitale della Cultura 2018».
Al teatro Orione o al Santa Cecilia ci sarebbero stati pure attori per una notte, da far figurare per gonfiare o giustificare le spese. E, ancora, eventi fantasma, cene da fatturare con date e importi che andavano aggiustati in base alle convenienze. Gli inquirenti sottolineano come «il sovvenzionamento di manifestazioni culturali garantiva a Cusumano una perenne campagna elettorale, atta a consolidare la propria figura politica, e a crearsi una posizione di reddito nei confronti dei beneficiari che lo ripagavano, offrendo al consigliere il proprio consenso elettorale...».
In un’intercettazione, attraverso uno spyware sul telefonino, è proprio Cusumano a spiegare al vicesindaco Fabio Giambrone su che numeri contasse e si lamentava: «Io faccio il primo degli eletti, il primo delle liste fatte da te, delle tre liste tue, sono l’unico che passa i duemila voti dove sono?... da nessuna parte... mi state facendo perdere il mio elettorato... perché il mio elettorato che è bello, bravo, borghese, intelligente di attori... lì dentro c’ho 660 attori, comparse c’ho infilate trenta persone in quei progetti... perché dicono... ma questo con 300 euro... ma la gente si sente pensata perché faccio tre progetti mega di tutte le associazioni del terzo settore disabili». E quest’ultimo riferimento, annotano gli inquirenti, sarebbe al progetto che riguardava l’ospedale Buccheri-La Ferla.
Fra le conversazioni di Cusumano con gli assessori, oltre a quelle con Giambrone e, ancora con gli ex Adham Darawsha e Giuseppe Mattina, ce n’è una, significativa, con Giusto Catania. Stavolta non c’entrano gli spettacoli ma un altro settore su cui l’operato dell’ex consigliere era particolarmente attivo. Ad agosto 2019 proprio l’assessore Catania ha varato il provvedimento che vieta il transito di tutti i veicoli, anche taxi e motocarrozzette, nel Cassaro basso. E Cusumano, che fra i tassisti avrebbe avuto elettori, si mobilita. «Attraverso incessanti pressioni, ingerenze e velate minacce (“fammi continuare a essere propositivo”) riuscirà a far modificare il contenuto dell’ordinanza, secondo i desiderata della categoria apetaxi». Un forcing su Catania che, all’ennesima telefonata di Cusumano, si legge nell’ordinanza, «intuendo da subito il motivo della chiamata, rispondeva: “... carrozzette!”». E la «fedeltà politica della categoria delle motocarrozzette si confermava anche nel maggio 2019», con tanto di presenza in massa alla convention di +Europa con Emma Bonino e il compagno di partito Fabrizio Ferrandelli. Per i tassisti e i cocchieri Cusumano si sarebbe mosso pure con l’obiettivo di salvare le licenze dalla decadenza o dalla revoca a causa delle sanzioni del Suap. La strategia «illecita consisteva nell’esibizione al Suap da parte del titolare della licenza... di certificazioni mediche attestanti false patologie, al fine di giustificare l’impossibilità della tempestiva richiesta di rinnovo».
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