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Regione Siciliana, la maggioranza in frantumi: i retroscena di una giornata da incubo

Il presidente Renato Schifani (foto di Alessandro Fucarini)

Mentre il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani a Palazzo d’Orleans si metteva in posa con i 12 assessori, auspicando «unità e compattezza per affrontare problemi da far tremare i polsi» a poche centinaia di metri - a Palazzo Reale, sede dell'Assemblea regionale siciliana - la maggioranza di centrodestra mostrava senza filtri il proprio disfacimento. Al punto che alla prima votazione per i 2 vice presidenti dell’Ars i partiti a sostegno di Schifani si sono fermati a 32 consensi contro i 35 dell’opposizione. La maggioranza non c’è, vittima di franchi tiratori e malpancisti.

Fratelli d’Italia è una polveriera. Effetto della nomina ad assessore in extremis di Francesco Scarpinato ed Elena Pagana (moglie dell’ex assessore Ruggero Razza) al posto di due big: Giusi Savarino e Giorgio Assenza.

Il clima è tesissimo. La Pagana appare a Palazzo d’Orleans e poi non si vede più: neanche una «vasca» alla bouvette. Protetta da un cordone di fedelissimi che la sottraggono a fotografi, giornalisti ma anche a compagni di partito. La si vedrà solo sui social, mentre all’assessorato al Territorio riceve le consegne da Toto Cordaro.

La Savarino salta perfino la cerimonia del giuramento in aula degli assessori. Poi anche lei resta dietro le quinte. Nella stanza di Giorgio Assenza a intermittenza entrano tutti gli scontenti del partito. Assenza alla bouvette si fa vedere, e smonta la tesi dell’uscita dal partito: «Fra un po’ metto sui social la foto di me a 15 anni con la bandiera del Msi e la foto di Almirante». Però nascondere tutto il resto è impossibile anche per Assenza: «Musumeci? Non lo sento da qualche giorno. L’ultima volta mi ha detto che tanto i nostri avversari non mi avrebbero fatto arrivare all’assessorato. E a quel punto lui ha puntato sulla Pagana». E mentre lo racconta ad Assenza sfugge una risata.

La corrente musumeciana è disintegrata, l’ex presidente accusato di aver lavorato contro i big in favore del delfino Razza. I rapporti con chi nella scorsa legislatura gli è stato al fianco sono interrotti: con la Savarino l’attuale ministro ha scambiato solo qualche sms nel quale ha provato a giustificare la scelta, a dire che non dipende solo da lui. Ricevendo una gelida risposta: «Sono delusa e amareggiata». Assenza e la Savarino hanno rifiutato «poltrone di compensazione» nel Consiglio di presidenza dell’Ars.

La pattuglia di Fratelli d’Italia non si vede per tutto il giorno nei corridoi dell’Ars, tutti chiusi nelle stanze del gruppo per rispettare l’ordine di non prestarsi a polemiche. A taccuini chiusi sono in tanti a mostrare timore per «l’ordine e la disciplina» con cui il partito ha gestito la fase della formazione della giunta. Alla bouvette c’è solo l’area degli storici ex An: si rivede Nino Lo Presti, con lui Marcello Tricoli. Ci sono il fratello, Fabrizio, e gli amici di Scarpinato, l’ala vincente di questa sfida interna all’ex monolite meloniano. Il fratello Fabrizio si avvicina ai cronisti: «Nel curriculum dell’assessore avete dimenticato di segnalare che lui ha fatto 11 missioni di guerra. E che è un graduato dell’esercito».

Fratelli d’Italia non si riunisce. Il dibattito è spento. E così in questa fase Schifani non trova al suo fianco il principale alleato. Il presidente in conferenza stampa poche ore prima non si era sottratto alle domande sulle spaccature frutto della formazione della giunta: «Ci sono stati momenti delicati relativamente a indicazioni che mi ero dato. Ma quando il gruppo parlamentare principale, FdI, ha deciso di aderire alla scelta del partito nazionale di inserire degli esterni non ho potuto fare altro».

Il presidente vorrebbe guardare avanti e per questo detta l’agenda del futuro prossimo: «Ai primi di dicembre dovremo rispondere alla Corte dei Conti che ha sollevato obiezioni per un miliardo sul rendiconto del 2020. Poi dovremo lavorare per accelerare la spesa dei fondi europei e di quelli del Pnrr. Dovremo predisporre il bilancio 2023 e risolvere le tante emergenze che sono scoppiate negli ultimi mesi». Schifani parla di «sfide da far tremare i polsi». Per le quali servirà «una maggioranza compatta».

Che invece alla prima prova d’aula va immediatamente sotto. C’era da eleggere i due vicepresidenti dell’Ars e la candidata del centrodestra, la forzista schifaniana Luisa Lantieri, si è fermata a 32 consensi quando sulla carta ne avrebbe potuto incassare 39. Il candidato dell’opposizione, Nuccio Di Paola, ha superato quello della maggioranza arrivando a 35 voti in suo favore. E avrebbe potuto fare di più, perché mancavano due deputati miccicheiani - Nicola D’Agostino e Tommaso Calderone - che sicuramente non avrebbero votato per la Lantieri.

I franchi tiratori dunque non sono solo in Forza Italia (ieri Micciché aveva al suo arco solo 2 frecce) ma anche in FdI e in altre aree della maggioranza. Solo Totò Cuffaro detta un comunicato per dichiarare fedeltà alla linea Schifani e per anticipare che il suo assessore, Andrea Messina (Enti Locali), lavorerà per riportare in vita le Province e fare in modo che i presidenti siano eletti dal popolo. Da parte di Cateno De Luca invece questa volta non sono arrivati aiutini alla maggioranza. Il vulcanico ex sindaco di Messina è tornato a vestire i panni del rivoluzionario.

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