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Chi erano i cinque operai morti a Casteldaccia, morti uno dopo l'altro nella vasca-killer

La commozione di parenti e amici: «Non si sono tirati indietro». Nel Policlinico di Palermo lotta invece per vivere Domenico Viola

Uno per tutti, tutti per uno gli operai morti a Casteldaccia. Le testimonianze di chi è sopravvissuto alla tragedia sono univoche: lavoravano affiatati e la morte li ha colpiti uno dopo l’altro mentre tentavano di aiutare i colleghi che erano rimasti sotto l’asfalto narcotizzati e poi uccisi dai gas della fognatura. Epifanio Alsazia, 71 anni, che in famiglia chiamano Fino, un figlio carabiniere, contitolare della Quadrifoglio group, il più anziano della squadra, è stato il primo a scendere sotto terra, ricorda uno dei sopravvissuti Paolo Sciortino, 36 anni, entrato per ultimo nella vasca col fondo pieno di liquami.

«Ha detto che voleva andare lui. È stato il primo a scendere nell’impianto. Si poteva godere la pensione e invece era sempre il primo a intervenire» dice con le lacrime agli occhi ricordando che fra meno di due mesi diventerà padre. Non vedrà più i suoi due bambini di 5 e un anno e la moglie ventenne col volto da ragazzina, invece, Giuseppe La Barbera, 28 anni, il più giovane del gruppo - e unico palermitano - di operai che doveva sistemare le fogne in quel punto della via nazionale per conto dell’Amap. Non lavorava per la Quadrifoglio group ma era un interinale, un giovane che pregava ogni sera che arrivasse la «benedetta» assunzione a tempo indeterminato da parte dell’azienda idrica palermitana. Ha sentito un collega urlare perché tre di loro non davano più segni di vita e si è precipitato giù nella botola e non è risalito.

Un collega interinale Giulio D’Asta lo ricorda così: «Peppino non ci sono parole .. solo tanta rabbia e tristezza. Ricordo la felicità sui nostri volti il giorno che andammo a firmare il contratto di lavoro .. e adesso cosa ne rimane ? La vita è ingiusta. Non ti dimenticherò mai». Pino era originario di Ballarò, il mercato cuore del quartiere Albergheria, dove lo conoscono e lo ricordano in molti perchè la sua famiglia vende bombole di gas in via Musco e gran parte delle abitazioni del quartiere non ha il metano e utilizza il gas nei contenitori metallici che viene portato a domicilio. E fino a qualche anno fa era proprio Giuseppe a portare le bombole a chi ne faceva richiesta. E il chiassoso e pieno di musica mercato è in silenzio per rendere omaggio a uno dei suoi «figli“: Ballarò oggi aveva gli altoparlanti muti e nessun commerciante abbanniava, cioè urlava per attirare i clienti.

E il figlio di un’altra vittima, Ignazio Giordano, 57 anni, di Partinico, che fa l’infermiere ha saputo della tragedia accaduta al padre mentre si trovava al lavoro all’ospedale Ingrassia in corso Calatafimi. Fabrizio, con gli altri due fratelli Gaspare e Davide, dice: «Vogliamo giustizia, vogliamo capire da dove è arrivato questo gas che ha ucciso nostro padre. Sappiamo che è stato tra gli ultimi a scendere nel pozzetto e che aveva tentato di aiutare gli altri. Di certo sappiamo che è morto da eroe».

Roberto Raneri 51 anni, di Alcamo, sposato padre di due figli era molto conosciuto nella cittadina marinara in quanto uno degli ideatori del carnevale alcamese. Amava la sua famiglia e soprattutto la figlia Chiara cantante in chiesa e laureata al Conservatorio.

L’ultima vittima Giuseppe Miraglia, 47 anni, di San Cipirello, lascia la moglie e la figlia di 10 anni per cui stava organizzando la festa per la prima comunione. Ha dato il cambio al cugino, Giovanni D’Aleo, scampato insieme a Sciortino e Giuseppe Scavuzzo, è sceso nella botola e non è più risalito. Poco prima di morire aveva chiamato al telefono la moglie.

Nel Policlinico palermitano lotta invece per vivere Domenico Viola, 62 anni, anche lui di Partinico. Tutti i lavoratori che oggi erano al sit in dei sindacati davanti la prefettura di Palermo tifano per lui: «Domenico ce la farà».

Nella foto le vittime di Casteldaccia, da sinistra: Giuseppe La Barbera, Roberto Ranieri e Ignazio Giordano

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