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La strage di Altavilla, il mistero dei pezzi delle tazzine di Antonella trovati in giardino

Sopralluogo dei Ris nella villetta. Si cercano riscontri alle dichiarazioni di Giovanni Barreca

La figlia di Giovanni Barreca, unica sopravvissuta della strage di Altavilla Milicia, potrebbe essere interrogata prima di Pasqua per spiegare meglio il ruolo che ha rivestito nell’omicidio della mamma Antonella Salamone e dei fratelli Kevin ed Emanuel di 16 e 5 anni. Da quella di vittima scampata per miracolo al massacro, così come inizialmente era emerso dalla sua testimonianza, la posizione della diciassettenne - rinchiusa in una sezione di un carcere femminile fuori dalla Sicilia - si è via via fatta sempre più complicata.

Ieri (14 marzo), a ora di pranzo, il procuratore dei minorenni, Claudia Caramanna, assieme ai carabinieri della compagnia di Bagheria, ha effettuato un sopralluogo nella villetta dove un mese fa il padre e i due «fratelli di Dio», Sabrina Fina e Massimo Carandente, hanno messo in scena l’atroce e brutale rito per liberare la famiglia dalla fantomatica presenza del diavolo. La visita non è servita per individuare nuovi elementi utili alle indagini, semmai sono stati cercati i riscontri alle dichiarazioni rese ai magistrati e ai primi accertamenti che sarebbero già in mano agli inquirenti. Per circa un’ora sono state passate al setaccio le stanze al primo piano dove sono avvenuti i delitti, e il giardino, sia nel punto in cui Barreca ha seppellito la moglie dopo averla uccisa e bruciata, sia in altri angoli del terreno in cui i Ris di Messina hanno scoperto materiali - come pezzi di tazzine e oggetti appartenuti ad Antonella - che potrebbero essere stati gettati e distrutti dai responsabili della carneficina perché posseduti dal demonio.

Nei prossimi giorni dovrebbero essere consegnati gli esiti delle verifiche tecniche compiute sul telefono cellulare della minorenne, oltre agli altri effettuati su un router da cui sono stati estratti i dati della connessione a internet utilizzata da tutta la famiglia. A breve dovrebbero arrivare anche i risultati del lavoro eseguito dagli esperti su una scheda di memoria, su una sim inserita in un modem, sull’account di gmail e su una consolle, in grado di connettersi online, sequestrati alla ragazza nella villetta degli orrori. Ma l’attenzione sarebbe caduta soprattutto su uno dei tre videogiochi, trovati vicino all’apparecchio elettronico: il protagonista, infatti, dà la caccia e lotta contro i fantasmi che infestano vari luoghi superando gli ostacoli dopo la soluzione di enigmi paranormali.

Un contenuto banale, alla portata di qualsiasi adolescente in condizioni normali, che però potrebbe diventare particolarmente inquietante in queste circostanze. La diciassettenne è diventata una figura centrale dell’inchiesta e per questo dovrà fugare molti dubbi e contraddizioni della sua ricostruzione per capire fino a che punto ha detto la verità su quanto accaduto in quelle ore drammatiche. Alcuni testimoni hanno riferito di una sua forte avversione nei confronti della madre e dei fratelli, cresciuta negli ultimi tempi, ma sarebbe pure emerso che avrebbe usato il telefonino di Kevin fingendo di essere lui nelle chat con gli amici. In pratica, negli stessi momenti in cui si stavano celebrando quei riti che sono poi sfociati nell’eccidio, dai messaggi partiti dal numero del fratello si leggeva che era tutto normale e che non c’erano problemi. Lei stessa aveva confessato di avere percosso la madre e di aver aiutato il padre a seppellirla dopo che era stata bruciata e che Massimo e Sabrina l’avevano indotta a torturare Kevin, facendola saltare a piedi uniti sulla sua pancia per poi legarlo con una catena arrugginita e dei cavi elettrici. E sempre lei aveva ammesso di aver tenuto fermo Emanuel, il più piccolo, mentre la coppia lo torturava costringendolo a a bere caffè amaro iniettato nella bocca e lo ustionava con l’asciugacapelli. Ma la vera svolta potrebbe arrivare solo dall’esame dei tabulati e dai telefonini da cui si potranno desumere i contatti, con chi hanno parlato e che tipo di relazione c’era effettivamente tra loro, oltre che dalle tracce biologiche dei vestiti e degli indumenti intimi dei quattro indagati.

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