Sabrina Fina e Massimo Carandente erano al telefono con qualcuno mentre si stava compiendo la strage all’interno della villetta di Altavilla Milicia. La rivelazione – se fosse vero e confermato ciò che ieri ha raccontato Giovanni Barreca all’avvocato Giancarlo Barracato durante il colloquio al carcere dei Pagliarelli – potrebbe aprire nuovi inquietanti scenari sugli omicidi di Antonella Salamone e dei figli Kevin e Emanuel di 16 e 5 anni. Sono, però, ricordi confusi, lampi in quella sorta di delirio mistico in cui l’imbianchino, accusato dei tre atroci delitti assieme alla figlia diciassettenne e ai due «fratelli di Dio», è precipitato ormai da un mese.
«Ci sarebbero state alcune conversazioni durate poco tempo - ha detto l’avvocato Barracato - da parte di Massimo e Sabrina: in alcuni casi avrebbero risposto, in altri invece sarebbero stati loro ad effettuare le chiamate allontanandosi da Barreca». La svolta potrebbe arrivare dall’esame dei tabulati e delle celle dei telefonini di tutti gli indagati da cui si potranno desumere i contatti, con chi hanno parlato e che tipo di relazione c’era effettivamente tra loro, oltre alla loro posizione registrata in quei giorni maledetti. Tra le ipotesi c’è sempre stata quella secondo cui Fina e Carandente potrebbero far parte di un movimento ben più ampio e complesso che, con la scusa di un atto di fede, sfrutterebbe la fragilità sociale e psicologica delle persone per ridurle in una sorta di schiavitù.
Una vera e propria setta sempre a caccia di seguaci che si scambiava messaggi vocali e sui social da veri fanatici: «A noi quello che interessa è strappare più anime possibili a Satana perché siete nelle mani di Satana», spiegava Sabrina per convincere un possibile fedele ad unirsi a loro. Ma dietro a tutto potrebbe esserci anche una rete di cellule isolate, magari con un leader alla guida di ognuna di esse, che in qualche modo potrebbero aver consigliato quali fossero i riti da eseguire, perfino i più cruenti, durante la fantomatica liberazione dal demonio che si stava svolgendo nella casa degli orrori. Per questo motivo gli inquirenti stanno continuando a scavare: probabilmente potrebbero essere risentiti alcuni testimoni – vicini di casa e conoscenti – in grado di dare il proprio contributo per accertare se esistano eventuali altre responsabilità da parte di soggetti che finora sono rimasti nell’ombra.
Un’ultima, ma non meno importante pista, è quella che conduce ai gruppi presenti su Facebook e su altre piattaforme: gli esperti li stanno scandagliando a caccia di personaggi che potrebbero essere stati a conoscenza dell’escalation di violenza che poi si è scatenata all’interno della casa.
Ma c’è anche da chiarire cosa sia realmente successo il 10 febbraio visto che esiste un buco di 12 ore in cui si perdono le tracce dei principali protagonisti della vicenda. A mezzogiorno, quando le vittime erano già morte, Barreca avrebbe accompagnato i due amici alla stazione di Altavilla Milicia, qui si sarebbe liberato di uno smartphone (non è chiaro se suo o di qualcun altro), poi avrebbe dormito in auto per consegnarsi alle due di notte ai carabinieri di Casteldaccia mentre la figlia era rimasta da sola nella sua stanza, anche lei addormentata. Non a caso, nei giorni scorsi, gli investigatori dei Ris hanno portato via alcuni avanzi di cibo trovati nella villetta di Altavilla Milicia ma saranno gli esami di laboratorio, che dovranno essere eseguiti sul materiale organico, a dare una risposta all’eventualità che l’uomo possa essere stato drogato per istigarlo a compiere il massacro.
«Deve spiegare perché, dopo aver accompagnato Sabrina e Massimo alla stazione, non è tornata nella sua abitazione di Altavilla - ha continuato l’avvocato Barracato -. Barreca ha ribadito la sua presenza passiva davanti alle torture e di essere stato come imbambolato: vorrebbe dare una spiegazione a questo suo stato di torpore e per questo si è chiesto se qualcuno gli abbia fatto ingerire qualcosa per stordirlo».
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