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Far west a Palermo, il delitto dello Sperone: caccia al commando del raid punitivo

Con Romano e Caruso ci sarebbero state almeno altre 4 persone, tutte a bordo di moto. Potrebbero avere avuto un ruolo nel regolamento di conti poi sfociato nell’omicidio

L’omicidio allo Sperone è tutt’altro che un caso chiuso. Dalla Procura di Palermo c’è massimo riserbo, ma dagli ambienti investigativi filtra la notizia che ci sarebbero dei testimoni che avrebbero raccontato che più di due persone avrebbero preso parte alla spedizione punitiva che ha scatenato poi la catena di violenza sfociata nel sangue. È dunque caccia anche ad altri personaggi che potrebbero avere avuto un ruolo nella sparatoria finita con l’uccisione di Romano.

Al momento in carcere ci sono padre e figlio, Camillo Mira, 55 anni, indicato come autore materiale dell’omicidio di Giancarlo Romano, e Antonio Mira, 20 anni, entrambi in stato di fermo. Oggi per i due dovrebbe arrivare l’eventuale convalida. Chiaramente le testimonianze saranno ancora tutte da confutare per ritenerle credibili. Ed è proprio su questo fronte che continuano incessantemente a lavorare i poliziotti da oramai oltre 48 ore. Ci sarebbero dei testimoni che avrebbero detto di aver visto tre moto e sei persone in tutto che erano insieme a Romano, 37 anni, e Alessio Salvo Caruso, 29 anni, che oramai da lunedì scorso lotta tra la vita e la morte all’ospedale Buccheri La Ferla. Questo gruppetto avrebbe dato vita alla prima sparatoria, quella che poi ha portato alla controffensiva poche decine di minuti dopo davanti al centro scommesse. Non filtrano altri particolari ma senza dubbio, se fosse attendibile questa indicazione, l’indagine potrebbe prendere un’altra piega e soprattutto potrebbe far emergere altri decisivi sviluppi nel contesto della ricostruzione dei fatti.

Al momento chiaramente si parla di ipotesi, seppur molto accreditate, ma nulla di più dal momento che il fatto è accaduto nella prima serata di lunedì scorso. Un lasso di tempo troppo breve per poter far dire agli inquirenti di aver cristallizzato completamente la vicenda. Si continua a battere la pista del delitto di mafia, del regolamento di conti tra «due gruppi criminali», come li hanno definiti gli stessi agenti, per il controllo del business delle scommesse clandestine. I fatti sembrano essere stati comunque ricostruiti in modo abbastanza fedele, i protagonisti invece potrebbe essere molti di più. Si è trattato di uno sgarro collegato al mondo delle scommesse abusive sportive on line, da sempre un settore controllato dalla mafia. L’agenzia è quella di ubicata in un garage di via XXVII Maggio gestita da Pietro Mira, figlio di Camillo e fratello di Antonio. Qui si sarebbe consumato il primo raid violento con gli emissari di Caruso, anche lui indagato anche se per tentato omicidio, che si presentano e chiedono a Pietro Mira di saldare un debito da 3 mila euro. Lui però prende tempo e dice che quei soldi non ce li ha in agenzia perché avrebbe pagato le vincite ad alcuni scommettitori. Il «no» finisce per far scomodare Caruso che si presenta personalmente e con un tirapugni colpisce Pietro Mira.

Gesto che avrebbe fatto scatenare la reazione di Camillo e Antonio Mira i quali, dopo aver saputo quel che era accaduto, si mettono su un’auto e vanno in un altro centro scommesse in corso dei Mille dove sanno che avrebbero trovato Caruso e Romano. Parte la prima sparatoria dove rimangono feriti lo stesso Camillo Mira, colpito d'anticipo da Caruso, e un cliente in modo lieve. Ne nasce un inseguimento con Caruso a mettersi alla guida di una macchina: fa salire il compare Romano, gestore di un tabacchino, e si fionda ad intercettare il motorino con in sella i due Mira.

La seconda sparatoria si consuma allo Sperone e nel conflitto a fuoco muore Romano e viene raggiunto da tre colpi all’addome Caruso. Chiaramente se le vicende delle due sparatorie, frutto di un regolamento di conti, appaiono chiare ci sono invece da chiarire per bene i contorni del fatto. Dietro il delitto c’è solo la questione del debito oppure ci sono vecchie ruggini di opposte fazioni interessate al controllo del territorio? Ipotesi quest’ultima che appare tutt’altro che remota. E se venissero identificati questi presunti complici dei Mira gli orizzonti investigativi potrebbero fare breccia su altri contesti che comunque sembrano tutti convergere verso il mondo della criminalità e del controllo dei mercati di spaccio e delle scommesse.

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