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La casa disabili lager di Castelbuono, una donna ha squarciato il velo dell'omertà

Ecco cosa accadeva nella gabbia degli orrori della Onlus di Castelbuono (il fermo immagini è preso dal video diffuso dalla guardia di finanza)

Un’ex dipendente dell’associazione Suor Rosina La Grua Onlus di Castelbuono ha squarciato il velo d’omertà attorno alla struttura per disabili. E’ quanto si legge nell’ordinanza del Gip Angela Lo Piparo, del Tribunale di Termini Imerese.
La donna si è presentata alla Guardia di finanza e ha raccontato tutto quello che sapeva, puntando il dito sui vertici della onlus che avrebbero gestito la struttura residenziale per disabili fisici e psichici non rispettando gli standard previsti dalla convenzione con l’Asp. La casa era gestita dalla famiglia composta da Gaetano Di Marco, la moglie Antonietta Russo, e Maria Carla Di Marco, Vera Maria Cristina Di Marco e Chiara Di Marco. La donna avrebbe fornito una serie di dettagli grazie ai quali il procuratore di Termini Imerese Ambrogio Cartosio e il pm Alessandro Macaluso, che hanno coordinato le indagini dei finanzieri, hanno ricostruito uno scenario inquietante di illegalità diffusa nella gestione dell’associazione da parte di tutti coloro che con diverse mansioni erano lì occupati a tutti i livelli: dalla proprietà al personale medico, infermieristico e socio sanitario.
Il centro è convenzionato con l’Asp di Palermo con budget annuo assegnato di 1 milione di euro per il servizio dì riabilitazione a ciclo continuo. Inoltre, l’ente offre un servizio di terapia domiciliare, anche questo convenzionato con l’Asp di Palermo
La donna ha puntato il dito contro l’uso dei fondi da parte dei vertici dell’associazione, ma anche sulle condizioni strutturali della comunità ritenute non adeguate e con gravi carenze igienico sanitari. Poi ancora l’uso disinvolto dei farmaci utilizzati per stordire gli assistiti. La testimone ha fornito foto, mail e tutto quello di cui era in possesso.

I legali della onlus: fiducia nella magistratura

«Ribadiamo la piena fiducia nella magistratura e condanniamo senza riserva alcuna ogni forma di violenza da chiunque perpetrata soprattutto nei confronti di soggetti inermi che per quanto si è appreso ad oggi, attraverso gli organi di stampa, risulterebbero perpetrate all’interno della struttura di cui i nostri assistiti sono solo amministratori e legali rappresentanti e non svolgevano mansioni operative. Su ogni profilo i nostri assistiti sono pronti a fornire agli inquirenti qualsiasi chiarimento». Lo dicono gli avvocati Giovanni Avila e Stefania Schillaci, che difendono la famiglia Di Marco, (Gaetano, Carla Maria, Chiara, Cristina Maria, Antonella Russo) soci e legali rappresentanti della Onlus al centro delle indagini della Guardia di Finanza di Palermo e della Procura di Termini Imerese per la casa di riposo in cui venivano torturati disabili. I legali prendono atto «delle contestazioni amministrative e contabili mosse e sono sicuri di poter chiarire la correttezza delle procedure».

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