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«Ci dobbiamo rimettere in piedi»: il progetto di Cosa Nostra in vista delle elezioni

La villa di via Bernini, ultimo covo di Riina. Il proprietario era il fratello di Agostino Sansone. La struttura confiscata ospita oggi una caserma dei carabinieri

«Ci dobbiamo rimettere da questo punto di vista di nuovo in piedi.., è tutto programmato...». Da un breve scambio tra la proposta del patto elettorale-mafioso e l’accettazione avvenuta in poche battute, appare chiaro, per i magistrati della Procura distrettuale antimafia di Palermo, un ritorno ad un passato di certo non lontano, quello di Cosa nostra e dei suoi rapporti con il mondo della politica e di altri settori nevralgici del Paese, «in primo luogo quello dell'imprenditoria, che ha segnato la storia, anche quella più recente, del Paese».

Ed è proprio con la storia appena rievocata che, con riguardo almeno agli ultimi trent'anni, si intreccia quella della famiglia mafiosa di Uditore e dei suoi esponenti più influenti, Agostino Sansone, arrestato ieri, ed i suoi fratelli Gaetano e Giuseppe. La fama criminale dei fratelli Sansone è legata al rapporto con Totò Riina durante la sua ultraventennale latitanza, nel corso della quale il capo dei capi, come hanno accertato poi le inchieste giudiziarie, ha ideato ed eseguito anche attentati terroristico-mafiosi in tutto il Paese. Un sodalizio con quella che è stata definita la fazione più oltranzista di Cosa nostra, ricordano i giudici nella ordinanza, che sarebbe stata suggellata dal matrimonio tra un nipote di Agostino Sansone e la figlia del boss Filippo Guttadauro e della sorella del latitante Matteo Messina Denaro.

Il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca ha definito i Sansone come «un gruppo familiare unitario che si occupava degli appalti pubblici». Più recentemente il pentito Filippo Bisconti ha parlato di una famiglia considerata «la Svizzera di Cosa Nostra... qualunque cosa se la risolvevano da sé». Soggetti economici di grande peso, sempre accorti e attenti nella gestione dei loro rapporti con Cosa nostra e, comunque, mossi da una comune visione imprenditoriale sempre condivisa all'unisono da tutti e tre i fratelli, è la descrizione nei verbali resi invece da Francesco Colletti.

L'antica, radicata e mai cessata posizione di rilievo dei Sansone dentro Cosa nostra è scritta nelle sentenze. Gaetano e Giuseppe Sansone hanno già condanne per associazione mafiosa. Agostino è ritenuto esponente di spicco del clan di Uditore fino al 26 marzo 2001 e per queste ragioni definitivamente condannato per mafia, con sentenza irrevocabile della corte d’Appello nel settembre 2002 e poi sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per tre anni. Ma soprattutto è stato indicato come frequentatore abituale del residence di via Bernini dove Riina si nascondeva e nei pressi del quale fu catturato dopo 23 anni di latitanza. Agostino Sansone abita ancora in quel complesso.

Manlio Porretto non ha precedenti penali, eppure i giudici lo ritengono organico al sodalizio mafioso. In una intercettazione del 31 agosto 2021 l’indagato avrebbe criticato la scelta di collaborare con la giustizia di Giovanni Ferrante, reggente della famiglia mafiosa di Palermo Acquasanta. Per Porretto, era la conseguenza del mancato esercizio del dovuto controllo sulla provenienza familiare e sulle garanzie offerte da parte dei nuovi affiliati, ormai esercitato, secondo il suo parere, «soltanto dalle famiglie mafiose dei paesi, ossia dalle articolazioni della consorteria mafiosa presenti nella provincia palermitana».

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