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La procura di Palermo: «C’è il pericolo di intimidazioni mafiose sul voto»

Il tribunale di Palermo

Il pericolo di condizionamento nella competizione elettorale impone misure severe lanciano l’allarme della procura di Palermo dopo l’inchiesta che ha portato in carcere un candidato alle prossime amministrative.

«Quanto accertato impone un ineluttabile e urgente intervento di natura cautelare, atto a scongiurare il pericolo che il diritto-dovere del voto, per le imminenti elezioni amministrative del 12 giugno, sia trasfigurato in merce di scambio assoggettata al condizionamento e all’intimidazione del potere mafioso - si legge nell’ordinanza - . Ne deriverebbe difatti la conseguente grave violazione del principio e del metodo democratico del quale il libero e incondizionato esercizio del voto costituisce il caposaldo».

L’esigenza di trasferire in carcere i tre indagati affonda le ragioni nel testo dell'articolo 416- ter del codice penale introdotto dalla legge del 17 aprile 2014. La Corte di Cassazione aveva affermato, in linea con la successiva riscrittura avvenuta con la legge del 21 maggio 2019, che «se il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi è persona intranea ad una consorteria di tipo mafioso ed agisce per conto e nell'interesse di quest'ultima, non è necessario che l'accordo concernente lo scambio tra voto e denaro o altra utilità contempli l'attuazione, o l'esplicita programmazione, di una campagna elettorale mediante intimidazioni». In parole più semplici, basta fare un patto verbale per incorrere nel delitto di scambio elettorale politico-mafioso. È quindi sufficiente la sola promessa di procurare voti da parte dell'appartenente all'associazione mafiosa (senza che sia neppure necessario specificare le modalità mafiose della raccolta dei voti) e, per il politico, l'accettazione di tale promessa in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell'associazione mafiosa.

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