Colpo alla famiglia mafiosa di Torretta, legata al mandamento palermitano di Passo di Rigano. Dieci arresti sono stati eseguiti da parte dei carabinieri su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura. Le ordinanze riguardano 11 indagati (9 in carcere, uno agli arresti domiciliari e uno con obbligo di dimora nel comune di residenza), ritenuti a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso, detenzione di stupefacenti, favoreggiamento personale e tentata estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.
L’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Palermo e coordinata da un pool di magistrati diretti dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, fotografa le dinamiche interne al clan e racconta la riorganizzazione mafiosa fra la Sicilia e gli Stati Uniti.
I coinvolti
Tra i coinvolti, un ruolo di rilievo avrebbe Raffaele Di Maggio, figlio dello storico esponente mafioso torrettese Giuseppe, detto “Piddu i Raffaele”, deceduto nel gennaio 2019, al vertice della famiglia mafiosa torrettese coadiuvato attivamente da Ignazio Antonino Mannino, anche lui con funzione direttiva e organizzativa del sodalizio, e da Calogero Badalamenti, affiliato cui è stata affidata l’area di Bellolampo.
Nel mirino degli investigatori anche Lorenzo Di Maggio, detto “Lorenzino”, affiliato del sodalizio scarcerato nell’agosto del 2017 e sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Carini; Calogero Caruso, detto “Merendino”, anziano affiliato già figura di vertice della famiglia mafiosa torrettese, sotto il quale si andava accreditando il nipote Filippo Gambino; Calogero Christian Zito, affiliato alla famiglia mafiosa torrettese monitorato in numerosi spostamenti tra l’isola e gli Stati Uniti.
Accanto a loro, le attività investigative svolte in direzione di due imprenditori edili torrettesi, i fratelli Puglisi, pienamente inseriti nelle dinamiche investigate, hanno permesso di rilevare lo spaccato socio-criminale della realtà mafiosa.
Il legame Palermo-New York
L'indagine ha messo in luce il legame del clan con esponenti di spicco di “cosa nostra” statunitense capace di condizionare, attraverso propri emissari, gli assetti criminali torrettesi.
La famiglia mafiosa di Torretta, infatti, si è distinta in passato per il ruolo dei suoi esponenti quali garanti per il rientro in Italia dei cosiddetti “scappati”, la fazione sconfitta dai corleonesi di Totò Riina al termine della seconda guerra di mafia.
L'emissario americano
Alla fine di settembre del 2018 un emissario di Cosa nostra americana è stato accolto dai vertici della famiglia mafiosa di Torretta.
La permanenza dell'uomo in zona fu coperta, tra gli altri, da due fratelli imprenditori che, dividendosi i ruoli, lo avrebbero preso in aeroporto e ne avrebbero garantito il soggiorno in una lussuosa villa con piscina di Mondello, regalandogli la cocaina in segno di benvenuto. Nel periodo trascorso sull'isola, l'emissario avrebbe preso parte ad una riunione nell'abitazione del boss Raffaele Di Maggio, il 3 ottobre 2018 a Torretta, e a un secondo incontro nel comune di Baucina.
All'indomani dell'omicidio del mafioso americano Frank Calì detto "Franky Boy", avvenuto a Staten Island (New York) la sera del 13 marzo 2019, i carabinieri hanno registrato una serie di fibrillazioni tra i mafiosi del clan palermitano.
Nei giorni successivi, il figlio di uno degli indagati è partito per gli Usa e durante la sua permanenza a New York ha incontrato diverse persone tra cui proprio l'emissario arrivato a Torretta nel settembre 2018. Rientrato dal viaggio, il giovane ha raccontato il clima di profonda tensione creatosi sulla sponda americana, esprimendo le proprie valutazioni su chi sarebbe subentrato a Calì alla guida della compagine mafiosa americana.
A Torretta inoltre i carabinieri hanno registrato i commenti "di prima mano" di alcuni degli indagati che conoscevano personalmente Frank Calì e che, in un primo momento, avevano temuto che l'episodio potesse provocare una pericolosa escalation di violenze nella quale avrebbero rischiato di rimanere direttamente coinvolti anche altri soggetti.
Le mani dei boss sui lavori pubblici
La mafia di Torretta si sarebbe inserita nel tessuto economico legale, tra edilizia, agricoltura e allevamento di bestiame attraverso il diretto intervento nelle dinamiche di compravendita degli animali e dei terreni.
Il clan avrebbe controllato inoltre le commesse pubbliche e private non solo a Torretta, dove sarebbe riuscito ad infiltrarsi nella locale amministrazione influenzando e modificando l'esito delle elezioni comunali del 2018, fino allo scioglimento del Comune del 2019, ma anche nei comuni limitrofi di Capaci, Isola delle Femmine e Carini, oltre che in alcuni quartieri di Palermo che fanno capo al "mandamento" di Passo di Rigano.
I carabinieri hanno ricostruito i numerosi incontri riservati organizzati nelle campagne per sfuggire ai controlli delle forze dell'ordine tra gli affiliati del clan di Torretta ed in particolare un summit avvenuto la sera del 21 novembre 2018 in casa di Raffaele Di Maggio boss ai vertici del clan, arrestato oggi. Alla riunione presero parte anche Ignazio Antonino Mannino, e Calogero Badalamenti.
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