La morte della bambina di 10 anni di Palermo che si sarebbe legata una cintura al collo per partecipare a una challenge su Tik Tok (che smentisce la pubblicazione del video), provocandosi così una lunga anossia cerebrale, ha sconvolto la città.
La piccola della Kalsa non è però la sola vittima dei giochi mortali sui social network. Come lei, altri minori hanno perso la vita in una sfida online, mentre “giocavano” a ingerire ingenti dosi di Benadryl, o a “spaccarsi il cranio”. Nel sito di Tik Tok, tuttavia, un lungo documento riguardante le regole della community stabilisce che i contenuti che abbiano ad oggetto atti pericolosi o lesionistici sono proibiti.
Allo stesso tempo basta una rapida ricerca su internet per accorgersi che i giochi proibiti si reiterano e sono alla portata di tutti. Con l’avvocato Alessandro Palmigiano, esperto nella tutela dei diritti dei consumatori del mercato e di cyber security, abbiamo parlato delle responsabilità dei social network. Di cosa rischiano se permettono la diffusione di certi contenuti, o se non li controllano a dovere. O, ancora, se consentono l’iscrizione dei minori di 16 anni pur proibendola sulla carta. Esistono leggi per tutelare ulteriormente i minori? Come si applicano le normative al mondo sfuggente e in continua trasformazione del digitale?
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