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Palermo ricorda la strage di Capaci, folla di studenti davanti all'aula bunker - LE FOTO

Trentuno anni dopo la memoria si rinnova. Palermo ricorda oggi con una serie di iniziative la strage di Capaci del 1992, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e il personale della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. 

Ore 13.30. «Da 31 anni, questa è una giornata fondativa della nostra storia, memoria del peggior attacco dei clan alle istituzioni democratiche, ma allo stesso tempo simbolo del riscatto della Repubblica", commenta il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in un messaggio inviato alla Fondazione Falcone nell'anniversario della strage di Capaci, cui non ha potuto partecipare per il concomitante impegno del Consiglio dei ministri «chiamato a varare provvedimenti urgenti, per le aree così colpite dalle ultime alluvioni». Nel suo messaggio scrive: «La Repubblica italiana si è rialzata, più forte, dalla voragine di Capaci, che inghiottì le vite di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Quel cratere, in cui sembravano essere precipitate anche le nostre speranze, impresse invece la svolta decisiva nella lotta alla mafia. Un cammino lungo e doloroso, a cui ora, meritoriamente, la Fondazione
Falcone sceglie di dedicare un museo. Avere uno spazio fisico per ripercorrere la lotta alla mafia significa avere un prezioso veicolo di trasmissione della conoscenza delle fatiche, dei sacrifici, delle intuizioni, dei dolori di tante persone e significa rinnovare la consapevolezza delle altre sfide che restano da affrontare».

Ore 12.26. «Far sì che il pubblico ministero coordini le indagini e realizzare la condivisione delle informazioni tra colleghi. Era il metodo di Rocco Chinnici e di Giovanni Falcone. È questa la strada. Falcone applicò questo metodo anche nella istituzione della direzione nazionale antimafia». Lo ha detto il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia dal palco allestito davanti all’aula bunker dell’Ucciardone ricordando l’insegnamento di chi ha saputo tracciare la strada per battere la mafia.
«Con la cattura di Matteo Messina Denaro - ha spiegato De Lucia - lo Stato ha pagato un debito nei confronti delle vittime. Dobbiamo ringraziare le forze dell’ordine che hanno raccolto tanti successi in questi 31 anni. Dell’arresto di Messina Denaro noi sappiamo molte cose, ma ci stiamo ancora lavorando. Prima vengono le prove, poi gli arresti, poi i
processi e infine le condanne. Col tempo si capirà, con le regole del diritto non con quelle dei media». Per De Lucia è «prioritario aggredire sul piano patrimoniale le mafie. È quello che facciamo ogni giorno. Cattureremo chi ha aiutato Messina Denaro e aggrediremo i suoi beni». De Lucia conferma che «l'aspirazione a ricostruire la commissione provinciale è ancora presente nella mafia. Un futuro senza mafia non è solo possibile, è certo - conclude De Lucia- dobbiamo combattere ancora con gli strumenti dello Stato di diritto. Con cosa nostra chiuderemo definitivamente, ci riusciremo».

Ore 12. Nel giorno della memoria, la premier Giorgia Meloni ha deposto una corona d’alloro nel parco intitolato ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel quartiere Montagnola a Roma. Nel suo messaggio letto durante la cerimonia, in corso a Palermo ha sottolineato: «Trentuno anni fa ero una quindicenne, sconvolta dall'efferatezza di quella stagione di stragi mafiose. Scelsi di impegnarmi in politica perché lo vidi come lo strumento più utile per fare qualcosa, per non rimanere con le mani in mano. L'ultimo arresto quello di Matteo Messina Denaro è la testimonianza dell'impegno instancabile di tanti uomini e donne delle Istituzioni». E ha aggiunto come «il dolore provocato da quegli omicidi sia
indelebile».

Ore 11,35. «Sono i giovani i protagonisti di questo anniversario. A loro prima di tutto il mio saluto. I giovani si attendono la testimonianza delle istituzioni». Sono le parole del sindaco di Palermo Roberto Lagalla che è intervenuto dal palco montato davanti all'aula bunker. «Abbiamo immaginato insieme alla Fondazione uno spazio dedicato alla memoria - ha aggiunto Lalla - lo realizzeremo nel palazzo Jung. Oggi non regge il pessimismo gattopardiano che sosteneva che nulla sarebbe cambiato. In questa città c'è stata una collettiva reazione. È vero, cosa nostra non è scomparsa. È capace di infiltrarsi anche nelle istituzioni. La mafia regge il mercato della disperazione». E ancora: «Ma come amministrazione abbiamo il dovere del buon governo, è questo l'impegno della mia giunta. - ha sostenuto -. Una città ben governata, dove vengono garantiti i diritti sociali e civili è il miglior antidoto contro la sopraffazione mafiosa".

Ore 11. «Si combatte contro la mafia sotto il profilo dell'egemonia della parola, dell'unità delle forze sociali, del volontariato, dei giovani, molto presenti oggi, che hanno impresso un cambiamento generazionale anche nella consapevolezza che la mafia è male, è delinquenza e va combattuta con la crescita delle coscienze. E ciò è avvenuto dopo le stragi». Lo ha detto il presidente della Regione Renato Schifani appena giunto nei pressi dell'aula bunker dell'Ucciardone. «Lo Stato c'è, c'è anche la Regione - ha proseguito - la Regione farà la sua parte relativamente all'iniziativa molto bella del museo del ricordo e della memoria, facendo in modo che una legge sia approvata in Parlamento con l'unanimità e possa consentire l'attività e il funzionamento di questo museo. Noi faremo la nostra parte come governo, ma sono convinto che tutte le forze politiche aderiranno al mio appello».

Ore 10,30. Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi è arrivato a Palazzo Junk a Palermo per l'apertura simbolica del cantiere dove sorgerà il Museo del presente e della memoria della lotta alle mafie Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. «L'arresto di Matteo Messina Denaro ha significato la chiusura di una pagina della nostra storia, quella stragista - il commento del ministro -. Adesso è cominciata un'altra storia. La battaglia prosegue, la mafia si è evoluta, ha cambiato il suo modo di agire. L'importanza del ruolo Stato e delle sue istituzioni è anche quella di adattarsi a questo mutare della mafia e non retrocedere. Come ha detto Falcone, la mafia è un fenomeno umano e come tale è destinato a finire".

Ore 10.24. Gli studenti della scuola elementare Ettore Arculeo, del plesso Cuscinà, della media Gramsci e del liceo Catalano si sono radunati in via Vito Schifani. Esibizioni e canti vicino alla caserma Lungaro dove sono state organizzate iniziative nel giorno della memoria.

Ore 10.15. «Io penso che la mafia in questo momento non gode di buona salute, è in corsia per degli accertamenti. Verrà il giorno in cui cosa nostra sarà sconfitta, mi piacerebbe tanto esserci ma non so se ce la farò: incrociamo le dita». L'ex pm Giuseppe Ayala lo ha detto nell’aula bunker dell’Ucciardone rivolgendosi ai ragazzi che stanno partecipando alla lectio magistralis, nell’ambito dell’anniversario della strage di Capaci, con l’ex procuratore Piero Grasso e il presidente del Tribunale di Palermo Piergiorgio Morosini.

Ore 10. Il presidente del Senato Ignazio La Russa in una notta ricorda la strage di Capaci. "Oggi ricorre il 31esimo anniversario della morte di Giovanni Falcone, ucciso per mano della mafia assieme alla moglie Francesca Morvillo e ai tre uomini della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Lui così come Paolo Borsellino e tanti altri magistrati e uomini delle Forze dell'ordine hanno perso la vita perché temuti da Cosa nostra. La loro professionalità, la loro determinazione e il loro coraggio non solo misero in ginocchio la mafia ma furono e sono tuttora, un esempio per tutti noi. L'Italia non li dimentica".

Ore 9.40. «Quest'aula è il luogo della giustizia italiana". Lo ha detto il presidente del Tribunale di Palermo, Piergiorgio Morosini, rivolgendosi ai ragazzi, provenienti da diverse parti d'Italia davanti all'aula bunker del carcere Ucciardone alla lectio magistralis con l'ex procuratore Piero Grasso e l'ex pm Giuseppe Ayala. A coordinare il confronto è Giuseppe Pierro, direttore dell'ufficio scolastico regionale.
«Sono arrivato qui nel 1994, perché in quel momento tanti magistrati, funzionari ed esponenti delle forze dell'ordine hanno deciso di venire a Palermo per dare una mano ai magistrati che avevano già una grande esperienza e che dovevano concentrare le loro forze nella prosecuzione della lotta alla mafia dopo le stragi - ha aggiunto Morosini -. Venivamo da tutte le regioni d'Italia per dare un aiuto. Alcuni di noi sono rimasti, la mafia non è affatto sconfitta, ci sono tantissime azioni che incidono sulla qualità della nostra democrazia da parte delle organizzazioni criminali. Ma dopo 29 anni da quella scelta posso affermare che ne è valsa la pena".

Ore 9.30. Tutto pronto all'aula bunker. Davanti all'edificio, che ospitò il maxi-processo alla mafia, è stato montato un palco. Sono già arrivati centinaia di ragazzi. A cominciare dalle 10 vi saliranno 80 baby sindaci con fascia tricolore provenienti da tutta Italia e delegazioni delle forze dell'ordine e dei vigili del fuoco. Le manifestazioni di oggi sono
organizzate dalla Fondazione Falcone promossa da Maria, sorella del giudice ucciso a Capaci.

Ore 9.05. «Magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino hanno demolito la presunzione mafiosa di un ordine parallelo, svelando ciò che la mafia è nella realtà: un cancro per la comunità civile, una organizzazione di criminali per nulla invincibile, priva di qualunque onore e dignità. La mafia li ha uccisi, ma è sorta una mobilitazione delle coscienze, che ha attivato un forte senso di cittadinanza». È un passaggio di una nota del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Nelle istituzioni, nelle scuole, nella società civile - aggiunge il capo dello Stato -, la lotta alle mafie e alla criminalità è divenuta condizione di civiltà, parte irrinunciabile di un’etica condivisa. L’azione di contrasto alle mafie va continuata con impegno e sempre maggiore determinazione. Un insegnamento di Giovanni Falcone resta sempre con noi: la mafia può essere battuta ed è destinata a finire».

Ore 9. Gli eventi in ricordo della strage di Capaci iniziano nel giardino di Palazzo Jung, in via Lincoln, dove verrà ospitato il museo che sarà dedicato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Atteso il ministro degli Interni Matteo Piantedosi. Alle manifestazioni del 23 maggio, la premier Giorgia Meloni interverrà, in collegamento da Roma, durante il Consiglio dei ministri dedicato all'alluvione dell'Emilia Romagna. Parteciperà così all'iniziativa che si terrà nella mattinata all'interno e all'esterno dell'aula Bunker dell'Ucciardone di Palermo. Sul palco ci saranno anche 80 baby sindaci con la fascia tricolore provenienti da tutta Italia.

Ore 8.15. «Dobbiamo lavorare per scongiurare che, dopo 31 anni, si affievolisca tra gli italiani la memoria della tragica fine di Giovanni Falcone, della consorte Francesca e del personale di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. In questi decenni la Sicilia è cambiata, lentamente, maturando la consapevolezza che l'impegno antimafia riguarda tutti e che va predicato e praticato ogni giorno, senza retorica e senza ipocrisia. Rimane la speranza di conoscere finalmente tutta la verità su quella drammatica stagione di sangue, di opacità, di omissioni che ha segnato la storia della nostra Nazione». Lo dichiara il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci.

Ore 7,13. «Il loro esempio continua a vivere e il nostro dovere è mantenerlo sempre più vivo», dice il capo della polizia Vittorio Pisani, ricordando non solo il giudice ucciso a Capaci ma anche «il sacrificio» degli «11 servitori dello Stato» morti nelle stragi del 1992.
Tra Capaci e via D'Amelio, dice Pisani, morirono «tre straordinari magistrati, Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e Paolo Borsellino e 8 eroici poliziotti: Rocco, Vincenzo, Walter, Agostino, Claudio, Vito, Antonio ed Emanuela, prima ed unica donna in uniforme uccisa dalla mafia». Uomini e donne che, conclude, «nella perfetta consapevolezza dei rischi che correvano, hanno sacrificato la loro vita per l'affermazione dei valori di legalità in cui credevano e su cui si fonda la nostra Nazione».

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