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Palermo, strage di Capaci: tensioni in via Notarbartolo, ecco cosa è successo

Momenti di tensione durante la manifestazione in memoria di Giovanni Falcone. Insieme al corteo ufficiale degli studenti, partito da via Duca della Verdura ne è partito un altro, autorizzato anch'esso ma con delle limitazioni. Il cordone composto da circa 500 persone è partito nel primo pomeriggio dalla facoltà di Giurisprudenza. Tra i manifestanti la Cgil, Casa memoria, Anpi e studenti universitari che sono stati bloccati in via Notarbartolo dalle forze dell'ordine prima dell'incrocio con via Piersanti Mattarella da due mezzi blindati di polizia e carabinieri e da due cordoni di agenti in tenuta antisommossa.

A quanto pare, infatti, c'era una limitazione del questore di Palermo, Leopoldo Laricchia, nell'autorizzazione al secondo corteo: il gruppo avrebbe dovuto fermarsi nei pressi del Giardino Inglese. Ma ció non è avvenuto. I manifestanti hanno raggiunto via Notarbartolo fino al blocco degli agenti e dei militari, il terzo, che ha causato la rabbia di coloro che avevano preso parte al corteo. È volata anche qualche manganellata da parte delle forze dell'ordine e cori contro le istituzioni locali.

In tanti hanno più volte gridato "fuori la mafia dallo Stato", coro che rievoca il giorno dei funerali del giudice Falcone avvenuti il 25 maggio del 1992. Alle 17.50, pochi minuti prima del minuto di silenzio, la polizia ha sciolto il cordone e ha lasciato passare i manifestanti.

«Il tentativo di tenere lontano un pezzo importante della città dalle fronde dell'albero Falcone è fallito - hanno dichiarato Frank Ferlisi, segretario federazione rifondazione comunista Palermo e Ramo La Torre, segretario cittadino rifondazione comunista Palermo -. I cordoni delle forze dell'ordine sono stati attraversati da un fiume in piena variamente composto. Uomini, donne giovani e meno giovani, bambine e bambini, rappresentanze di forze sociali e associazioni, hanno potuto adagiarsi sulla melodia del silenzio fin sotto il ficus di via Notarbartolo per gridare subito dopo a voce alta e per diversi minuti 'Fuori la mafia dallo stato’, quando alcune pattuglie delle forze dell'ordine avevano già abbassato lo scudo e scalzato il casco. Non hanno ancora un nome coloro che si sono adoperati in depistaggi funzionali a coprire collusioni e responsabilità - hanno proseguito -. Trent'anni sono troppi e le istituzioni democratiche sono ancora pervase da personaggi che a vario titolo sono entrate in collusione col potere affaristico mafioso. Le nostre voci si uniscono a quello di tutti coloro che ancora gridano verità».

Anche dalla Cgil arrivano parole di condanna per il cordone delle forze dell’ordine: «Falcone e i martiri delle stragi di mafia non sono di proprietà di nessuno - ha detto il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino -. Sono un patrimonio collettivo. Sono patrimonio dei siciliani che vogliono il riscatto di questa terra. Chiudere l’accesso nelle zone adiacenti all'albero Falcone a migliaia di cittadini è stata un’offesa al ricordo di Falcone e a tutte le vittime di mafia. Il tutto per soffocare il grido 'fuori la mafia dallo Stato’».

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