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Palermo, Incontrera voleva vendicare la morte di Emanuele Burgio alla Vucciria

Sangue e propositi di vendetta, agguati ai quali rispondere con il fuoco per seminare altri morti in una inarrestabile spirale di violenza mafiosa. Giuseppe Incontrera, il cassiere del mandamento di Porta Nuova, freddato una settimana fa a colpi di pistola in via Imperatrice Costanza, era intenzionato a vendicare la morte di Emanuele Burgio, figlio del mafioso Filippo (coinvolto anche lui nel blitz Vento), assassinato il 31 maggio 2021 alla Vucciria. Un delitto per il quale sono stati rinviati a giudizio Domenico Romano, il figlio Giovanni Battista e il fratello Matteo. Personaggi del Borgo Vecchio, contro i quali Incontrera aveva diversi motivi di risentimento. A cominciare da un episodio cruento contro il figlio Salvatore, pure lui arrestato due giorni fa.

La ricostruzione viene fatta negli atti dell’inchiesta dei carabinieri, denominata appunto Vento, sul mandamento di Porta Nuova: mercoledì, dopo l’omicidio Incontrera, la Dda aveva deciso di anticipare i tempi e proceduto ai fermi anziché attendere gli ordini di custodia. È dagli atti che emerge uno degli episodi chiave: la sera dell’1 novembre 2020 le telecamere dei sistemi di videosorveglianza installate al Borgo inquadrano Domenico Romano, in compagnia dei suoi parenti, mentre con una pistola in pugno si lanciano all’inseguimento di Salvatore Incontrera e di altri ragazzi della Zisa. Un tentativo di aggressione andato a vuoto solo perché l’arma, con tutta probabilità una calibro 9x21, si inceppò al momento di fare fuoco. Una storia emersa chiaramente nel corso di un dialogo intercettato tra Giuseppe Incontrera e la moglie Maria Carmelina Massa. Un episodio che, secondo i magistrati della Dda, «riveste particolare interesse per le analogie con la condotta omicidiaria del maggio successivo, commessa anche in quel caso da membri del nucleo familiare Romano, proveniente dal Borgo».

Per l’omicidio di Emanuele Burgio i vertici di Porta Nuova avrebbero ritenuto responsabile Leonardo Marino, uno dei capi della piazza della droga alla Vucciria assieme a Filippo Burgio, che è detenuto ed è indagato anche nell’ultima inchiesta, per «non aver esercitato adeguatamente il suo ruolo di controllo alla Vucciria e al Borgo Vecchio, sia prima che si verificasse l’agguato, che dopo, ponendo in essere atti di ritorsione o di vera e propria vendetta». Più precisamente, nel corso di una conversazione del 3 giugno 2021, Giuseppe Incontrera, per conto di Giuseppe Di Giovanni, contesta a Marino la scarsa autorevolezza dimostrata, poiché, incaricato di risolvere il contrasto fra le parti, aveva svolto un’azione ritenuta poco efficace nei confronti dei Romano, i quali, per niente intimiditi, avevano continuato nella loro diatriba con Emanuele Burgio, fino a causarne la morte. Ma anche di avere colpevolmente sottovalutato i recenti e analoghi episodi di violenza di cui si erano resi protagonisti i Romano, come l’episodio di novembre contro lo stesso Incontrera jr.

«Cosa ancora più grave - spiegano i pm - la non immediata ritorsione contro i Romano, con i quali poco dopo l’assassinio di Burgio si era incontrato, lasciandoli in vita. In quell’occasione Marino si era infatti limitato a farsi consegnare la pistola utilizzata per commettere l'omicidio». Ecco cosa dice Incontrera: «Ti ammazzo! Ma com’è? Mi hai detto che il discorso è chiuso e tu vai ad ammazzare a quello... ti sparo... ti ammazzo... E loro non si dovevano ritirare, invece dice che tu te li sei ricevuti e gli hai levato la pistola». Incontrera avrebbe più volte sollecitato Marino ad attuare azioni ritorsive nei confronti degli assassini, in modo da dare una risposta forte e diretta all’agguato e da lenire il dolore di un loro «fratello», Filippo Burgio, padre della vittima. Vendicando l’agguato, avrebbe anche evitato di subire egli stesso la ritorsione di Burgio, che lo riteneva responsabile dell’omicidio del figlio. E Marino si sarebbe mostrato pronto ad agire, dicendo a un amico: «Mettiti nel motore con me, gli andiamo ad ammazzare pure i nipoti. Io lo faccio, mi devono morire i miei figli che io lo faccio».

Incontrera è stato assassinato giovedì scorso, ma i propositi di vendetta non si sarebbero mai spenti. Secondo il collaboratore di giustizia Filippo Di Marco, interrogato a marzo, i Burgio avrebbero pensato a un piano. Di Marco ha detto di avere incontrato un cugino della vittima, che gli avrebbe chiesto di trovare una pistola calibro 9. Stando alle confidenze ricevute, non potendosi rivalere sui Romano, in quanto detenuti, Filippo Burgio avrebbe deciso di uccidere un loro parente e un non meglio specificato soggetto della Vucciria, interessato a ostacolare l’ascesa criminale di Emanuele nel settore della droga. Questo dopo la scarcerazione, cioè tra pochi mesi. Quest’ultimo, peraltro, nelle intercettazioni in carcere parla della morte del figlio con toni disperati. «Mi hanno distrutto la vita questi figli di p... non ho pace per mio figlio - diceva ai familiari -. Me lo hanno ammazzato come un cane».

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