Uniti nella morte, divisi nel giorno dell’addio. I funerali di Laura Lupo e del marito, Pietro Delia, potrebbero essere celebrati separatamente, anche se la data potrà essere fissata solo dopo che si conosceranno i risultati delle autopsie, che saranno eseguite in settimana all’Istituto di medicina legale del Policlinico. La tragedia è stata troppo forte per non provocare scossoni all’interno delle due famiglie, che sembrano orientate a fare svolgere funzioni religiose distinte per l’ispettrice della polizia municipale e per il commercialista: la decisione probabilmente sarà presa nelle prossime ore anche perché i figli delle vittime e i parenti sono comprensibilmente sconvolti per quanto è accaduto.
La pista dell’omicidio-suicidio è ormai quella più accreditata: la dinamica avrebbe ormai numerosi riscontri, così come gli investigatori starebbero ricevendo ulteriori conferme per il movente della gelosia. Alcuni amici e colleghi, sia pure in forma anonima, hanno parlato con i cronisti di crisi matrimoniale e di tensioni nella coppia, che era tornata assieme da un anno e mezzo dopo oltre tre anni di separazione.
Chi li conosceva ha raccontato che lei, negli ultimi tempi, sembrava turbata e con una situazione psicologica delicata, perché temeva altri tradimenti del marito: preoccupazioni che potrebbero avere fatto scattare il desiderio di un chiarimento che poi si è trasformato in un dramma dalle conseguenze irreparabili. Le indagini sembrano avere preso proprio questa direzione: Laura Lupo, vigilessa, avrebbe esploso con la pistola d’ordinanza contro Pietro Delia, commercialista, quattro colpi che lo hanno raggiunto al torace e all’addome e poi avrebbe rivolto la pistola contro se stessa. Al primo tentativo si sarebbe solo ferita di striscio - da qui alcuni segni individuati sul collo - ma alla fine sarebbe riuscita a togliersi la vita sparandosi alla testa.
Dal pavimento sono stati raccolti sei bossoli, altri quattro proiettili rimasti nel caricatore mentre l’arma sarebbe stata ritrovata nelle mani della donna. L’impressione è che avesse già in mente di affrontare il coniuge con la pistola d’ordinanza in pugno e che la discussione - all’incirca tra le 6.30 e le 7 di sabato scorso - sia poi degenerata improvvisamente.
Una concatenazione di eventi, ancora da analizzare definitivamente, su cui però si stanno concentrando gli accertamenti che serviranno a fugare gli ultimi dubbi: normalmente - è questo il ragionamento degli inquirenti - chi rientra dal servizio con la propria arma, tende a conservarla in luogo sicuro e a togliere alcuni pezzi per renderla inoffensiva, in questo caso invece l’ipotesi è che fosse già carica e pronta all’uso, un’eventualità che presupporrebbe il fatto che sia stata preparata in precedenza.
La suggestione della partecipazione di una terza persona, rimasta nell’ombra, è stata praticamente scartata fin dal primo momento: a smentire questa possibilità c’è la prova che la porta di casa era chiusa dall’interno e che non c’erano segni di effrazione tranne quelli lasciati dai vigili del fuoco che hanno dovuto sfondare il battente blindato per riuscire a entrare. Inoltre anche l’appartamento era perfettamente in ordine - ad eccezione della cucina dove i carabinieri hanno rinvenuto i corpi - senza nessun segno di colluttazione o di lotta a dimostrazione che i delitti sono avvenuti in modo repentino, al culmine di un gesto d’impeto.
A dare l’allarme era stata la figlia, che non riusciva a mettersi in contatto con i genitori: resta da capire come mai i vicini e gli uomini della pattuglia della guardia di finanza - che presidiano il condominio di via Notarbartolo dove abita anche un noto magistrato palermitano impegnato in un ruolo importante fuori dalla Sicilia - non abbiano sentito nulla nonostante siano stati sparati sei colpi, almeno quattro dei quali in rapida successione.
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