Dopo un'assemblea a Santa Chiara, l'oratorio nel cuore di Ballarò, a Palermo, che da sempre è un centro di integrazione dei numerosi africani che vivono in quel quartiere, la comunità gambiana ha stilato un documento per chiedere giustizia per il connazionale morto. «Lo scorso 5 marzo - si legge nel documento che porta la firma di alcune associazioni, Movimento Right2B, Associazione Gambiana di Palermo, Ragazzi Baye Fall Palermo, Aps Giocherenda Maldusa - il nostro fratello, Kitim Ceesay, è stato accoltellato e investito nel quartiere di Ballarò, Palermo. Dopo un ricovero di 2 settimane all’ospedale Policlinico, dove è stato portato in ambulanza (in effetti è stato trasportato al Civico e nei giorni successivi trasferito al Policlinico, ndr) - il 20 marzo si è spenta la sua vita nel silenzio generale, nella paura di denunciare e nell’indifferenza».
Kitim (nella foto), cittadino gambiano di 25 anni (è l'età indicata nel comunicato, un anno in più di quanto si era saputo fino ad ora), era residente a Palermo dal 2016. Qui, scrivono i connazionali, «ha costruito relazioni e la sua famiglia. Secondo quello che è stato raccontato alle associazioni e ai familiari, quello che è successo vicino a Porta Sant’Agata non è stato un incidente stradale, ma un atto di violenza con arma da taglio e un successivo tentativo di travolgerlo con l’auto». Sulle due fasi del delitto c'è ancora un mistero. Prima si è ipotizzato che il giovane sia stato investito dopo essere stato accoltellato, nel tentativo di fuggire. Poi che invece sia stata una sola persona prima a colpirlo con l'auto e poi ad accoltellarlo. Adesso la comunità di africani rilancia la prima ipotesi, al termine di una investigazione condotta sentendo alcune testimonianze. Ma l'investimento, secondo il documento, sarebbe stato volontario. Peraltro oggi si è appreso che la comunità avrebbe anche fornito alla polizia l'indicazione che il feritore sia un palermitano. Circostanza non citata in questo comunicato, sebbene i passaggi successivi accendano i riflettori sul tema del razzismo.
Alle associazioni che hanno firmato il documento preme chiedere che la verità venga appurata dagli investigatori. «Rompiamo il silenzio - si legge nel comunicato - intorno alla morte di Kitim per rivendicare, con una voce forte e unita, che la verità su quello che è successo esca, che la polizia assicuri che le indagini sono in corso, che le riprese delle telecamere, che con certezza sappiamo essere presenti sul luogo, tra cui una telecamera a 360°, siano state acquisite, e che i risultati dell’autopsia vengano comunicati tempestivamente ai familiari».
Parole forti di persone che credono nell'integrazione e amano Palermo. «Kitim - scrivono - è morto nella sua città, in un contesto e periodo scandito da diversi episodi di violenza razzista che le realtà territoriali denunciano da tempo. Le persone marginalizzate, e soprattutto quelle razzializzate, subiscono abusi e violenza fisica e verbale. Diciamo basta alla violenza e al razzismo. Non si possono ignorare i problemi vissuti da tante persone nei quartieri popolari di Palermo, fra cui Ballarò, ormai marcati da una totale mancanza di servizi statali». I firmatari del documento guardano oltre e dicono che si tratta di «una situazione grave ai danni delle persone, private dei documenti dalle politiche migratorie dei governi».
Poi, spazio al cordoglio e all'annuncio di un sit-in. «Ci stringiamo intorno alla famiglia di Kitim, cui suo fratello, la sua compagna e i figli, che aspettano che lo Stato spieghi come questo giovane padre è stato vittima di un’aggressione così violenta, e facciano luce sulla sua morte. Chiediamo alle realtà territoriali e ai singoli individui di unirsi a noi, martedì 26 marzo, alle 16, in piazza Sant'Agata per chiedere verità e giustizia per Kitim. Si uniranno al presente comunicato tutte le realtà e associazioni cittadine che lo vorranno».
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