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Pizzo a tappeto, azzerato il vertice del clan Pagliarelli: tre arresti a Palermo

Nuovo colpo dei carabinieri al racket delle estorsioni, imposto ai commercianti della zona di corso Calatafimi. Le indagini nel gennaio 2023 hanno già portato all’incriminazione di 7 persone nel corso dell’operazione antimafia «Roccaforte»

I carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip su richiesta della Dda, nei confronti di 3 persone (2 delle quali in carcere e una sottoposta agli arresti domiciliari), accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso.
Il provvedimento nasce da indagini condotte, dal 2021 al 2023 su delega della Dda guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, sulla famiglia mafiosa di Corso Calatafimi. Il clan, che fa parte del mandamento di «Pagliarelli», controllava a tappeto le estorsioni nei confronti dei commercianti della zona.

Le indagini, che nel gennaio 2023 hanno già portato all’arresto di 7 persone nel corso dell’operazione antimafia «Roccaforte», condotta dal nucleo investigativo del comando provinciale di Palermo, avrebbero individuato il nuovo reggente della famiglia mafiosa di Corso Calatafimi asceso al potere dopo l’arresto, nel 2020, del suo predecessore.

Gestione capillare, contattato anche chi voleva aprire un'attività

Dalle investigazioni è emerso che la «famiglia» gestiva sistematicamente il racket del pizzo.
Le richieste di denaro alle vittime si intensificavano con l’approssimarsi delle festività natalizie e pasquali. Il denaro estorto ai commercianti della zona di Corso Calatafimi andava ad alimentare le casse dell’associazione e in parte veniva destinato al mantenimento degli uomini d’onore detenuti e delle loro famiglie.

La famiglia mafiosa avrebbe dimostrato, secondo gli investigatori, di saper esercitare un costante controllo del territorio, monitorando capillarmente gli esercizi commerciali ivi insistenti, individuando per tempo quelli di nuova apertura ed avvicinando i relativi proprietari ancor prima dell’avvio dell’attività, costringendoli sin da subito a «mettersi a posto» e ricorrendo ad esplicite minacce nei casi in cui gli stessi mostrassero di non voler sottostare prontamente alle richieste estorsive.

Il codice del clan, picchiato marito infedele

«L’operazione di oggi restituisce un quadro in linea con le più recenti acquisizioni investigative - dice una nota dell’Arma - , ovvero quello di una cosa nostra affatto rassegnata a soccombere, che mantiene invece una piena operatività e che, anzi, è capace non solo di incutere generico timore nelle vittime ma anche di avvalersi della forza fisica quale forma estrema di controllo del territorio, come nel caso di un giovane picchiato selvaggiamente in pieno giorno con una mazza di legno poiché ritenuto colpevole di infedeltà nei confronti della moglie».

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