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Le estorsioni sui lavori al porto di Palermo: «Per pagare dovevamo gonfiare le fatture o usare i materiali più scadenti»

Uno dei titolari delle imprese sub-appaltatrici racconta di avere versato ottantamila euro ai due direttori dell'azienda romana finiti ai domiciliari: «Sono stato costretto»

Il direttore di cantiere e il direttore tecnico della società di Roma che doveva realizzare le opere al porto di Palermo, parlavano di un "extra". Il trenta per cento in più dei lavori affidati per la precisione, che  i titolari delle imprese sub-appaltatrici avrebbero dovuto procurare ad ogni costo. Anche a quello di risparmiare sul prezzo dei materiali da utilizzare, optando per i prodotti più scarsi. E' uno degli aspetti più inquietanti delle indagini condotte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria che ha fatto venire fuori una squallida storia di estorsioni durante gli interventi per il nuovo cruise terminal per le navi da crociera.

Lo scorso anno l’Autorità portuale ha rescisso il contratto con l’impresa romana e si è rivolta ad un’altra società, ma intanto il titolare di una delle imprese ha confermato di avere pagato a Rosario Cavallaro e Francesco Tricarico della So.Co.Stra.Mo, entrambi finiti ai domiciliari, circa ottantamila euro: "Una parte in contanti, l'altra tramite bonifici accreditati sul conto della madre di Cavallaro", si legge sull'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Rosario Di Gioia. Sarebbero stati proprio i due indagati a suggerire ai titolari delle ditte che si occupavano di lavori edili, infissi, pavimentazione e controsoffitti, di utilizzare nei lavori di ristrutturazione prodotti di qualità più scadente rispetto a quelli previsti nel capitolato, dai blocchi di cemento al materiale di consumo da carpenteria.

Un'alternativa per trovare i soldi che i due direttori avrebbero dovuto intascare, anche a scapito della sicurezza e dell’incolumità pubblica. Come ha raccontato ai finanzieri il titolare di una ditta che avrebbe dovuto fornire i vetri: "Ho predisposto alcuni campioni di materiali che dovevano essere installati, ma l'importo è stato più volte rivisto da Cavallaro e da Tricarico, che ogni volta sceglievano materiale qualitativamente inferiore a quello previsto. Per farvi capire, il preventivo che partiva da ottocentomila euro, arrivò a 550mila euro. Ma poi mi hanno chiesto di lasciare il 10 per cento, io mi sono opposto e allora mi hanno detto che avrei dovuto mettere dei vetri scadenti e che i controlli non ci sarebbero stati, anzi, li avrebbero fatti loro, quindi non dovevo preoccuparmi. Invece rifiutai anche questa alternativa, per non mettere in pericolo la gente".

Insomma, l'unico obiettivo sarebbe stato quello di gonfiare le fatture, così come conferma uno dei responsabili delle imprese. "Cavallaro mi disse che avrei dovuto fare una fattura con un importo maggiorato e che poi dovevo dare a lui e a Tricarico questa parte in più. In pratica, dopo avere contrattato e definito l'importo finale dei lavori, Cavallaro decideva un importo maggiore e io comunicavo l'importo maggiorato a mio commercialista che emetteva la fattura. Denaro che ho corrisposto in più tranche tra il 2019 e il 2021. Devo ammettere che sono stato costretto ad accettare queste condizioni perché ero consapevole che in caso di rifuto non avrei più lavorato con l'azienda romana, oppure avrei avuto degli ostacoli nei pagamenti.

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