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Palermo, estorsione nei lavori della nuova stazione marittima: due arresti

Ai domiciliari il direttore tecnico e il direttore di cantiere della società di Roma che ha realizzato le opere: sono accusati di avere preteso soldi dalle ditte sub-appaltatrici. Le indagini sono scattate dopo la denuncia dell’Autorità di sistema portuale del mare della Sicilia Occidentale

Estorsione nei lavori di ristrutturazione della stazione marittima del porto di Palermo. Arrestati due referenti dell’impresa appaltatrice e sequestrate somme per 80 mila euro.

In azione i finanzieri del comando provinciale, che hanno eseguito l’ordinanza del gip, che su richiesta della procura ha disposto i domiciliari per il direttore tecnico Francesco Tricarico, 37 anni, di Canosa di Puglia (Bari), e il direttore di cantiere Rosario Cavallaro, 67 anni, di Giarre, entrambi della società Socostramo srl di Roma che si è aggiudicata l’appalto per realizzare il nuovo cruise terminal per le navi da crociera. Disposto anche il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 80 mila euro, quale profitto dell’ipotizzato reato di estorsione.

Le indagini, condotte dagli specialisti del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo (Gruppo tutela spesa pubblica), sono partite da una denuncia dell’Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia Occidentale, con la quale erano stati segnalati ritardi nell’esecuzione della commessa pubblica. Rallentamenti attribuiti a una conflittualità tra la società aggiudicataria e alcune ditte sub-appaltatrici, causata dal differito o mancato pagamento dei lavori eseguiti. È emerso che il direttore tecnico e il direttore di cantiere dell’impresa aggiudicataria dei lavori avrebbero preteso, dai titolari di tre imprese sub-appaltatrici, somme «extra» che arrivavano al 30 per cento del valore dei lavori affidati, minacciando che, in caso di rifiuto, sarebbe stata preclusa la prosecuzione delle attività.

A tali minacce sarebbero poi, in concreto, seguite pesanti ritorsioni, come controlli a sorpresa, nonché il ritardo nel pagamento delle fatture fino ad arrivare alla mancata liquidazione di parte delle stesse. In un caso sarebbe stato accertato che il titolare di una delle imprese vessate, cedendo alle richieste estorsive, avrebbe corrisposto somme per complessivi 80 mila euro, di cui 45 mila in contanti e 35 mila tramite bonifici bancari, utilizzando causali fittizie, su un conto corrente intestato alla madre del direttore di cantiere.

Al fine di creare le «provviste» di denaro per fare fronte alle richieste, gli indagati avrebbero suggerito ai subappaltatori di utilizzare nei lavori di ristrutturazione prodotti di qualità più scadente rispetto a quelli previsti nel capitolato e riportati nelle fatturazioni, anche a scapito dell’incolumità pubblica, e di sovrafatturare le prestazioni svolte nei confronti della ditta appaltatrice.

 

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