Il controllo del territorio sarebbe stato esercitato in modo capillare, anche un furto di un’auto o in un’abitazione avrebbe ingenerato l’irritazione di Cosa nostra che, tramite i suoi affiliati, così come emerso nel corso delle indagini condotte dagli agenti della squadra mobile e dallo Sco della Divisione anticrimine, si sarebbe attivata per individuare gli autori. E nelle pagine dell’ordinanza firmata dal gip Alfredo Montalto viene delineato il ruolo di primo piano ricoperto da Guglielmo Ficarra all’interno della famiglia della Noce di cui avrebbe assunto il comando a giugno del 2020, subito dopo l’arresto del reggente Salvatore Alfano. Tutto ciò che accadeva nel quartiere doveva essere autorizzato dalla famiglia, anche i furti.
Da una conversazione intercettata a metà giugno del 2019, ai poliziotti non sfugge l’irritazione di Ficarra dopo che viene messo a conoscenza che era stata rubata un’auto nel quartiere, ordinando ai suoi che la vettura fosse ritrovata e che venisse individuato il ladro che aveva agito senza chiederne il permesso.
«Bisogna annagghiare... la persona... pure io se vado ad annagghiare... la persona... ora io glielo mando... ma non è facile che io lo vado ad annagghiare... questi, innanzitutto, escono tutti la sera... ora ultimamente, non se la sono portati l'auto dal... dal centro commerciale...», dice Ficarra al suo interlocutore. Poi aggiunge: «E ... si è trovata... ma non è che... abbili... io, me la sono rientrata... non poterlo annagghiare... tutto il pomeriggio, non ce n'era uno in giro... poi a forza di girare, girare con un ragazzino... l'ho presa e me la sono portata. È così, per questo ti ho detto “se non giri, non conviene poi” perché si buttano nelle traverse...»
A luglio dello stesso anno viene messo a conoscenza da un sodale di un furto avvenuto in casa alla Noce. Informato dell’accaduto, scrive il gip nell’ordinanza, «Ficarra manifestava il proprio disappunto. E così, il giorno dopo avere appreso la notizia con apparente distacco, si confrontava con il suo sottoposto De Stefano (arrestato anch’egli nel corso del blitz di ieri), evidenziando preoccupazione per l'accaduto e manifestando la volontà di adoperarsi, affinché tali indipendenti e autonome manifestazioni criminali nella zona fossero bloccate sul nascere». Dalle carte, infatti, emerge il fastidio dell’indagato nei confronti dell’autore del furto in quell’abitazione. E lascia intendere come voglia che si scopra chi è entrato in quella casa nel più breve tempo possibile per bloccare sul nascere altre iniziative simili. «lo devo capire chi è questo... qua di fronte... Io devo capire chi è questo, voglio vederlo, voglio vederlo pure dove se la fa. Lo andiamo a prendere, gli mando due picciotti e glielo faccio andare a prendere o lo vai a prendere pure tu... perché questi una volta che non gli dici niente...».
Dalla conversazione intercettata con De Stefano, gli investigatori intuiscono qual era la ragione che irritava maggiormente Ficarra, «ovvero che il furto era stato commesso da soggetti che avevano omesso di raccogliere le ritenute necessarie informazioni». «Io dico, una volta che se ne vanno a muzzo non te ne frega niente!». De Stefano, dal suo canto, si diceva assolutamente d'accordo: «Bravo, se ne vanno a muzzo, questo è!»
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