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Mafia a Brancaccio, 5 dei 9 fermati intascavano il reddito di cittadinanza

Angelo Mangano, una delle persone fermate a Palermo

Percepivano anche il reddito di cittadinanza, cinque dei nove fermati dalla Squadra Mobile di Palermo, nell’ambito dell’operazione antimafia coordinata dalla Procura di Palermo a Brancaccio che ha fatto luce anche su su sistema di truffe alle assicurazioni con il sistema degli "spaccaossa".

E’ quanto emerge dalla conferenza stampa tenuta alla Squadra mobile di Palermo dal questore Renato Cortese, dal capo della Mobile Renato Ruperti e dal dirigente della Prima sezione, Gianfranco Minissale.

A percepire il reddito sarebbero i nuclei familiari di: Nicolò Giustiniani, Stefano Marino, Angelo Mangano, Pietro Di Paola e Ignazio Ficarotta. Per quanto riguarda Giustiniani e Stefano Marino a percepire il reddito risulterebbero le mogli. In corso le indagini sugli altri nuclei familiari.

«Per la prima volta una indagine conferma l’interessamento diretto di cosa nostra in episodi di truffa. Questo avviene attraverso i due fratelli Marino, Stefano e Michele, a cui viene contestato il reato di associazione mafiosa», spiega il capo della Squadra mobile, Rodolfo Ruperti.

I due fratelli Marino - secondo gli investigatori - sono soggetti con una storia criminale abbastanza affermata: «Questo gli ha consentito - aggiunge Gianfranco Minissale, dirigente della I sezione della Mobile - di avere il controllo delle piazze dello spaccio del territorio. Arrivando a raccogliere ragguardevoli somme che servivano anche per sostenere il mantenimento dei familiari dei detenuti». Dalle indagini emerge che l’introito quotidiano, proveniente dallo spaccio di cocaina, crac ma anche hashish, nella sola piazza dello Sperone, si aggira sui cinquemila euro.

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