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Gli arresti per voto di scambio a Palermo, condanna unanime di politici e candidati

I candidati sindaci a confronto con il vescovo di Palermo

«Un plauso alla procura della Repubblica per la celerità delle indagini segno di un impegno attento a tutela della libertà del voto, che rappresenta la più alta espressione democratica del nostro Paese. Confido che la giustizia possa essere altrettanto celere nello stabilire processualmente le eventuali responsabilità», afferma il candidato sindaco di Palermo del centrodestra Roberto Lagalla commentando l’operazione che ha portato all’arresto per voto di scambio del candidato di Forza Italia Pietro Polizzi al consiglio comunale di Palermo. «Tenere alta l’attenzione contro ogni tipo di ingerenza della mafia - prosegue - è un imperativo categorico, perché il rischio è che si insinui nelle maglie larghe di chi cerca scorciatoie, di certo non richieste. La mafia e le sue ramificazioni stiano lontane dalla mia porta, non troveranno mai alcuna accoglienza, saranno accompagnate immediatamente e senza tante gentilezze alla Procura della Repubblica».

“Gli arresti di stamattina dimostrano la fondatezza delle nostre preoccupazioni sull’infiltrazione della criminalità organizzata nelle elezioni amministrative dei prossimi giorni. Nessuno si dica sorpreso, perché se si sdogana il supporto politico da parte di soggetti già condannati per reati connessi alla mafia, è naturale che in quella proposta politica trovino spazio metodi e sistemi che sono quelli che hanno già inferto ferite indicibili alla nostra città”, dichiara il candidato sindaco Franco Miceli.

«La notizia dell’arresto di un candidato di Forza Italia al consiglio comunale di Palermo per scambio mafioso fa venire i brividi. Si tratta di una vicenda gravissima, che rigetta malamente Palermo al centro delle cronache nazionali», afferma il candidato sindaco Fabrizio Ferrandelli.

«La vicenda dei rapporti con la mafia di alcuni candidati alle amministrative di Palermo fa venire in mente quanto dice don Mariano Arena al capitano Bellodi ne «Il giorno della civetta» di Leonardo Sciascia», afferma il candidato a sindaco Ciro Lomonte, ricordando il brano sulle cinque categorie in cui si divideva l’umanità: «Gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà».

«Con tutto il rispetto per il garantismo, in questa campagna elettorale i candidati non sono tutti uguali. A noi la mafia fa talmente schifo che non abbiamo alcun dubbio o difficoltà nel dire, a chiare lettere, che non cerchiamo e non vogliamo i voti dei mafiosi. Gli altri, invece, mostruosamente continuano a farlo ancora, mostrandosi disponibili, pur di arrivare a conquistare uno scranno, a riportare la città di Palermo sotto il controllo di cosa nostra. Pronti a farsi strumento di un controllo mafioso in grado di condizionare e mortificare qualsiasi aspettativa, qualsiasi diritto», dice Carmelo Miceli, deputato del Pd e candidato al consiglio comunale di Palermo.

«Gli arresti di questa mattina del candidato al Consiglio Comunale di Forza Italia Pietro Polizzi e del boss Agostino Sansone confermano la volontà di Cosa nostra di rimettere le mani sul Comune di Palermo», afferma Mariella Maggio, segretaria provinciale di ArticoloUNO.

«Palermo rischia un ritorno nel più buio passato, i fatti parlano da soli. L’arresto per voto di scambio di ieri di un candidato al Consiglio comunale in quota Fi, sullo sfondo il patto con la famiglia mafiosa vicina a Totò Riina, è la conferma dell’aria che tira alla vigilia del voto in città. Palermo corre il pericolo di precipitare di nuovo nel baratro dell’illegalità», afferma l’assessore al Comune di Palermo, Giusto Catania.

«Vi sono problemi molto seri, questioni molto serie, ripeto, poi c’è la presunzione di innocenza. Però ieri c’è stata una riflessione molto ampia con illustri ospiti sull’intreccio politico mafioso. Dobbiamo stare sempre tutti in guardia su questo fronte», ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte

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