«C'è una caduta di tensione nella lotta alla mafia. È sbagliato indebolire il codice degli appalti e alzare il tetto all’uso del contante. Oggi bisogna anche contrastare il lavoro povero e le imprese. Cito Belinguer: "La Torre è stato ucciso perché faceva sul serio"». Elly Schlein arriva a Palermo per la commemorazione dell’eccidio mafioso di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, dopo il fulmine a ciel sereno che ha visto il passaggio in Forza Italia di Caterina Chinnici, fino a pochi mesi fa candidata a presidente della Regione con il Pd.
La leader Dem, però, evita di entrare in polemica, e tiene alta la guardia verso il fenomeno mafioso, che definisce «semplificato» dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro e si scaglia contro il Parlamento, che ancora non ha attivato la commissione nazionale Antimafia: «Le semplificazioni che parlano di una mafia sconfitta non ci convincono -sottolinea la neosegretaria -. Oggi commemoriamo due persone impegnate nella lotta alla mafia e nell’impegno per la pace. È una vergogna che dopo mesi il Parlamento non abbia attivato la commissione nazionale antimafia. L’applicazione della legge La Torre ha avuto negli ultimi anni una più blanda applicazione. Ricordare La Torre significa anche assegnare quella metà di beni confiscati all’utilizzo sociale».
Schlein ricorda che soltanto 61 dei 510 milioni stanziati per favorire l’utilizzo sociale degli immobili sono stati effettivamente spesi. Un bilancio che diventa sconfortante guardando ai numeri siciliani, dove si trova la maggior concentrazione di aziende e beni immobili sottratti all’economia mafiosa. «È qui sull’Isola che si gioca la partita - commenta -. Il recupero o il fallimento. Il rilancio o il definitivo sabotaggio. Soprattutto, non dobbiamo disperdere i 300 milioni disposti dal Pnrr per le finalità di recupero e di riutilizzo di questi beni».
La segretaria Dem ricorda poi alla platea, che in prima fila vede le maggiori cariche tra cui il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, il presidente della commissione regionale Antimafia Antonello Cracolici, l’assessore regionale Edy Tamajo, il prefetto Maria Teresa Cucinotta, il segretario regionale del Pd Anthony Barbagallo, l’ex ministro Giuseppe Provenzano e i sindaci dell’hinterland palermitano, di riscoprire una capacità di studio, osservazione e azione. «La mafia è sommersa - evidenzia - e riappare nelle numerose inchieste ancora in corso sui legami tra alcune amministrazioni locali, il consenso, la politica e gli affari. Penso che sia necessario realizzare un grande momento nazionale di confronto per continuare a tenere accessi i riflettori di cui parlava Pio La Torre».
Durante il discorso, al fianco di Schlein presente il figlio di Pio La Torre, Franco. Un lungo abbraccio tra i due, poi qualche parola. Adesso, Schlein sarà impegnata in un estenuante tour elettorale nella Sicilia orientale in vista delle elezioni amministrative, toccando le città di Ragusa, Siracusa e Catania. Domani, invece, parteciperà al corteo che si svolgerà a Portella della Ginestra dove, nel 1947, il bandito Salvatore Giuliano e i suoi uomini spararono ai lavoratori che stavano festeggiando il primo maggio. Ci furono 11 morti e molti feriti.
Il momento per il partito è caldo visti gli ultimi movimenti e le prossime ore si preannunciano piuttosto movimentate. Fabio Giambrone, consigliere comunale Pd ed ex senatore della Repubblica e gli ex assessori comunali di Palermo Giovanna Marano, Sergio Marino e Paolo Petralia Camassa, infatti, puntano il dito verso i massimi rappresentanti regionali e provinciali: «Il tema del contrasto alla mafia - dicono - sembra essere catalogato alla riflessione storica piuttosto che all’azione politica, e di questo devono discutere il gruppo dirigente del Pd, i suoi iscritti, insieme a tutta l’area dei progressisti e del mondo dell’associazionismo antimafia. Il gruppo dirigente del Pd, il suoi massimi rappresentanti regionali e provinciali sono naturalmente responsabili di avere facilitato questa nuova normalità».
Se Elly Schlein non ha commentato il caso Chinnici, il segretario regionale del Pd Anthony Barbagallo ha invece ribadito il suo rammarico. «Abbiamo ostentato la nostra amarezza, il solito cambio di casacca di cui la politica è piena. Se è stato un errore candidarla alla presidenza della Regione siciliana? Con il senno del poi sì, ma la politica si fa nelle contingenze delle scelte, in quel momento era la scelta migliore».
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