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Palermo, bagno di folla per Cuffaro che grida 3 volte «la mafia fa schifo»

«Gridate con me: la mafia fa schifo!». Si è chiusa così ieri, 19 maggio, l’assemblea della Dc Nuova, al Multisala Politeama di Palermo. Il commissario regionale del partito, Totò Cuffaro, prima di concludere il suo discorso ha invitato gli oltre mille presenti in sala a gridare per tre volte consecutive «la mafia fa schifo». Una frase che quando era presidente della Regione, poco prima di venire condannato per favoreggiamento alla mafia, fece stampare sui manifesti.

Poco prima dell'inizio della kermesse lo stesso Cuffaro aveva detto: «Io il 23 maggio sarò fra le migliaia di palermitani che si fermeranno a pregare per Giovanni Falcone, perché è un eroe di tutti noi e guai a farlo diventare un eroe di parte».

Anche il candidato a sindaco Roberto Lagalla, intervenuto durante l’assemblea, ha voluto sottolineare che qualora lui dovesse essere eletto diventerà garante di tutta la coalizione, sottolineando che «chiunque verrà con richieste irricevibili, sarà messo alla porta. Noi siamo senza se e senza ma contro la malavita organizzata».

Intanto, sono in corso indagini della Digos di Palermo sui manifesti ironici che sono spuntati questa mattina nel centro storico a Palermo con le scritte "Make mafia great again" con i loghi e i colori che riportano ai simboli della Democrazia Cristiana che diventa "Democrazia collusa" e di Forza Italia trasformata in "Forza mafia". I manifesti - che vari post su Fb attribuiscono al collettivo artistico "Offline corporation" - prendono di mira il partito di Totò Cuffaro, la Dc Nuova, e Forza Italia dopo le polemiche che hanno riguardato l'ex presidente della Regione e l'ex senatore di Fi Marcello Dell'Utri, entrambi condannati per reati che riportano alla mafia, per la loro attività politica nell'ambito delle comunali a Palermo.

Infine, in serata Lagalla ha annunciato i primi risultati di un veloce accertamento: «I componenti del mio staff hanno raccolto degli elementi che potrebbero essere utili alle indagini e li hanno responsabilmente trasferiti alla Digos».

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