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Cosa resta del ficus caduto a Palermo, l'esperto: «Ecco perché è crollato, troppi alberi a rischio»

Le immagini sono desolanti. Al posto dell'enorme ficus crollato venerdì mattina all’incrocio tra viale delle Magnolie e via Piemonte a Palermo, c'è un'area transennata e un cartello che indica i lavori in corso. Dell'albero che è sempre stato simbolo di quel crocevia restano le radici e una grande aiuola con i segni dello smottamento e i classici rifiuti. I passanti si fermano a guardare con lo sguardo perplesso.

Il crollo è stato l'ultimo di una lunga serie di cedimenti negli ultimi mesi in città. E adesso, per evitare conseguenze ben più gravi, sarà necessario studiare le condizioni degli alberi e valutare quali siano quelli più a rischio.

Alberi a Palermo, l'allarme dell'esperto

L’assessore alle Politiche Ambientali e al Verde Urbano, Andrea Mineo ha ribadito che «la caduta del ficus è stata provocata dal maltempo degli ultimi giorni». Ma, secondo Giuseppe Barbera, professore di Colture arboree dell’Università ed ex assessore comunale all’Ambiente le condizioni meteorologiche sono state solo una concausa del crollo di venerdì scorso. «Gli alberi, per stare in piedi, hanno bisogno di radici adeguate alla dimensione della chioma – ha spiegato in un articolo di Fabio Geraci sul Giornale di Sicilia –. Quello appena caduto era troppo grande, costretto in un corridoio tra l’asfalto della strada e il cemento del condominio vicino: ha perso stabilità durante la tempesta perché la sua grande chioma ha causato l’effetto vela e per questo la pianta si è ribaltata. Il ficus di viale delle Magnolie poteva essere salvato con potature drastiche: è vero che a volte vengono fatte in maniera sbagliata ma bisogna accettarle. È una questione di equilibrio e di competenza».

Secondo l'esperto, Palermo ha alberi malati, «spesso invecchiati, frutto di scelte sbagliate in ordine alle piante che sono state impiantate perché non sono state previste le dimensioni che avrebbero assunto le radici. Per coltivare i nostri alberi la città avrebbe bisogno di un grande investimento di risorse umane, competenze tecniche ed anche economiche».

La soluzione potrebbe arrivare dall’uso della tecnologia: «Bisognerebbe investire in software che mettono a sistema tutti i lavori e le comunicazioni che vengono portati avanti - dice l’agronomo del Comune Claudio Benanti -. In molte città europee - spiega - al fianco degli operai, sopratutto nei cimiteri, che rappresentano la più grande concentrazione di parchi cittadini, c’è sempre la figura dell’agronomo. In questo modo - prosegue - quando si incontrano radici che andrebbero tagliate o ci si imbatte in altre criticità, l’agronomo è già sul posto a limitare i possibili danni, magari sostituendosi proprio all’operaio ed eseguendo lui quello specifico taglio o lavoro».

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