Retata con nove arresti a Belmonte Mezzagno, considerato uno dei territori più "fiorenti" per cosa nostra palermitana.
Una operazione dei militari del Nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale di Palermo che hanno dato esecuzione ai provvedimenti emessi dall’ufficio gip, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Le accuse sono associazione mafiosa, porto e detenzione di armi clandestine e ricettazione.
Gli indagati nell'operazione sono: Agostino Giocondo, 52 anni; Gregorio Crini, 56; Pietro Gaeta, 38; Giovan Battista Martini, 60; Pietro Pizzo, 52; Giuseppe Martorana, 47; Salvatore Billeci, 38; Vincenzo Sunseri, 22; Salvatore Giocondo, 26.
Nel corso dell’indagine, seguita da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido, ha ricostruito i movimenti della "famiglia" di Belmonte, inserita nel mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno.
Nel corso dell'operazione, denominata Limes, è emersa la figura di Agostino Giocondo che, secondo gli investigatori, avrebbe coordinato l’attività nei settori "tipici" di controllo di cosa nostra, curando il mantenimento dell’ordine pubblico sul territorio e adoperandosi, per la risoluzione di controversie tra privati, sostituendosi allo Stato.
In particolare si sarebbe attivato anche per il sostentamento dei detenuti della famiglia di Belmonte e per la restituzione della refurtiva rubata ad un commerciante, anche lui organico alla famiglia mafiosa e arrestato oggi, con il quale avrebbe impedito di lavorare ad aziende concorrenti.
Nel corso dei controlli sono state rinvenute due armi: un fucile da caccia marca Winchester calibro 12 con matricola parzialmente punzonata e un revolver calibro 38 special Smith & Wesson con matricola abrasa. Secondo chi indaga sarebbe attribuibile proprio ad Agostino Giocondo il ruolo di custode dell’arsenale della famiglia di Belmonte, poiché risulterebbe coinvolto in tutte le vicende riguardanti le armi del clan.
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