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Ancora "spaccaossa" a Palermo, false fratture per avere i soldi: 8 fermi e 23 indagati. I nomi

Ancora gli spaccaossa a Palermo. Un nuovo filone scoperto dagli uomini della polizia di Brancaccio che ha fermato otto persone e indaga su altre 23 in diverse città d’Italia: Novara, Torino, Vercelli, Milano e Varese.

Il metodo è sempre lo stesso: procurare false fratture a presunte vittime, che poi fingevano di essersele procurate nel corso di incidenti stradali, che poi intascavano i premi delle assicurazioni, soldi che poi venivano consegnati agli organizzatori del raggiro.

Per quasi tutti gli incidenti stradali individuati, avvenuti tra il 2017 e il 2020, le cui pratiche amministrative sono state seguite dal gruppo criminale identificato, è stato rilevato che quasi tutte le “vittime” hanno denunciato di essere state investite mentre erano in bicicletta.

Giro d'affari milionario

Un giro d’affari gestito dal gruppo criminale di milioni di euro che le compagnie assicurative hanno corrisposto, a titolo di risarcimento, per le gravi lesioni che i falsi denunciati avevano subito.

A capo della banda c'erano, secondo gli investigatori, tre pregiudicati Vincenzo Maccarrone, Giuseppe Zizza e Matteo Corrao.

Soltanto per le pratiche risarcitorie individuate per i falsi incidenti stradali, che rappresentano una esigua parte delle numerose truffe che sarebbero state organizzate e gestiti dal gruppo, si parla di un business da quasi due milioni.

I fermati nell’operazione contro l’organizzazione spaccaossa a Palermo sono i palermitani Vincenzo Maccarrone, 42 anni, Giuseppe Zizza, 38 anni, Matteo Corrao, 58 anni, Giovanni Pisciotta, 57 anni, Lorenzo Catalano, 25 anni, Salvatore Costa, 39 anni, Luca Poerio, 44 anni, di Torino; Gianpiero Bagnasco, 52 anni, di Legnano. I fermi sono stati convalidati. Il gip ha disposto la custodia in carcere per Maccarrone e Zizza e i domiciliari per Corrao. Costa e Bagnasco dovranno presentarsi alla pg. Pisciotta, Catalano e Poerio sono stati rimessi in libertà e restano indagati. Disposto inoltre il sequestro preventivo di beni per 329 mila euro a carico di Corrao, Maccarrone e Zizza.

I falsi incidenti anche fuori dalla Sicilia

Le indagini hanno riguardato diversi falsi incidenti stradali, denunciati a Palermo, in Piemonte e in Lombardia, le vittime erano sempre palermitani fuori dalla Sicilia ufficialmente per cercare lavoro oppure in vacanza.

Le indagini sono state avviate dal commissariato di Brancaccio nell’aprile del 2020, quando all’ufficio postale Acqua dei Corsari di Palermo, in via Galletti, si presentò un uomo con una carta d’identità contraffatta che voleva utilizzare per aprire un conto corrente. Una situazione che scoperchiò il vaso di Pandora: visto che un altro conto corrente era stato aperto da un altro degli indagati.

L’inchiesta, le intercettazioni e le confessioni

Da lì l’inchiesta e una serie di intercettazioni, alle quali si sono aggiunte anche le confessioni da parte di due “vittime” di incidenti stradali, che hanno raccontato delle fratture subite e degli importi liquidati dalle compagnie assicuratrici, che sarebbero stati acquisiti quasi interamente dagli organizzatori delle truffe.
La banda si sarebbe avvalsa anche dell’aiuto di alcuni pregiudicati nel nord Italia che hanno fornito appoggio logistico e hanno partecipato ad alcuni dei falsi sinistri denunciati.

Durante le indagini e specialmente durante le intercettazione dei cellulari è stato rilevato che i tre capi dell’associazione avevano un tenore di vita estremamente dispendioso, dimostrando di avere notevoli disponibilità finanziarie.

I patrimoni riconducibili agli indagati sono risultati, in valore, sproporzionati ai redditi dichiarati e al lavoro svolto. La polizia ha sequestrato:

- un appartamento di centocinquanta metri quadrati;
- 2 magazzini;
- una Range Rover modello Evoque del 2019
- una BMW X4 del 2019
- una Fiat 500 del 2018
- una Smart del 2017
- un’Honda SH del 2019
- un’Motociclo Honda 125 del 2020
- una Vespa Piaggio 150 del 2016
- una Mercedes GLC del 2018
- un’Audi del 2017

Indagati con il reddito di cittadinanza

Inoltre 15 dei 31 indagati, direttamente o attraverso i loro familiari, erano percettori di reddito di cittadinanza.

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