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Palermo, i buttafuori imposti con le minacce all'ombra della mafia: chieste le condanne

La Procura di Palermo ha chiesto pene comprese tra 9 anni e sei mesi e 12 anni nei confronti di dieci persone accusate di aver fatto parte di una organizzazione criminale che imponeva con minacce e violenza personale della security in importanti locali a Palermo e provincia e in manifestazioni nei comuni. Dietro alla banda, che intimidiva i proprietari dei locali provocando anche risse, che cessavano quando venivano assunti i buttafuori voluti dagli indagati, ci sarebbe stata Cosa nostra e in particolare il boss Massimo Mulè, già processato e condannato in abbreviato.

Gli imputati sono accusati a vario titolo di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il processo si celebra in tribunale. «Scoppia la guerra mondiale, la terza guerra mondiale. Là sopra volano tutti dalle finestre. Capito?», diceva Andrea Catalano, intercettato dai carabinieri riferendosi all’organizzazione del Capodanno del 2016 a Città del Mare, a Terrasini. Per Andrea Catalano la Procura ha chiesto la condanna a 12 anni. L'imposizione del personale avrebbe riguardato il Kioskito di Casteldaccia, il Reloj di via Pasquale Calvi, Villa La Panoramica di via Ruffo di Calabria e il Kalhesa di via Messina Marine.

Queste le pene richieste per gli altri: per Giovanni Catalano, 11 anni e 4 mesi; per Cosimo Calì, 10 anni e 6 mesi; per Ferdinando Davì, 9 anni e 6 mesi; per Antonino Ribaudo, 10 anni; per Gaspare Ribaudo, 10 anni e 8 mesi; per Emanuele Cannata, 9 anni e 6 mesi; per Francesco Fazio, 9 anni e 6 mesi; per Emanuele Rughoo Tejo, 9 anni e 6 mesi e Davide Ribaudo, 9 anni e 6 mesi.

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