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Palermo, love story fa scoprire il killer del boss di Porta Nuova Giuseppe Di Giacomo

In manette Tony Lipari, incastrato da una intercettazione telefonica. Indagato anche Tommaso Lo Presti

Da bambino ha assistito alla morte del padre, il boss Giuseppe Di Giacomo, assassinato a 47 anni, in pieno giorno nove anni fa in via Eugenio L'Emiro. Agli investigatori ha raccontato l’agguato e descritto sommariamente l’autore, che sparò all’impazzata col volto coperto da un casco. Crescendo, si è fidanzato prima con la figlia del killer, poi con la nipote. Relazioni pericolose che i familiari dell’assassino hanno cercato di ostacolare in tutti i modi. E che, alla fine, sono state la chiave che ha consentito ai carabinieri di risolvere il giallo dell’omicidio.

La svolta in una intercettazione: «U capisti ca ammazzò Tony?»

Arriva da una intercettazione infatti la svolta nel caso Di Giacomo. Parla Salvatore Lipari. E tenta di spiegare alla moglie perchè la relazione della nipote col figlio di Di Giacomo lo preoccupa. La donna non capisce e lui a un certo punto sbotta. «U capisti ca ammazzò Tony» (l’hai capito che lo uccise Tony ndr), dice riferendosi alla morte del boss. Tony è suo fratello e oggi è stato arrestato per omicidio. Le parole di Salvatore trovano conferma in un’altra intercettazione. A discutere stavolta è il padre Emanuele. «Cosa gli dico io a quella ragazza? Mi sto andando a buttare in un campo minato perchè qualsiasi cosa dico per lasciarlo mi spavento se questa glielo racconta», spiega riferendosi alla nipote e non sapendo di essere «ascoltato» dai carabinieri. La famiglia Lipari dunque sa che il ragazzo conosce l’identità del killer del padre e teme che possa usare le sue relazioni, prima quella con la figlia dell’assassino, poi quella con la nipote, per cercare di vendicare la morte del boss. «I soggetti intercettati - scrivono i pm che hanno coordinato l’indagine - ipotizzavano che il ragazzo stesse perseguendo uno scopo non dichiarato e che stesse agendo per ritorsione». Per gli investigatori è la prova decisiva del ruolo di Tony Lipari, 32 anni. Nei suoi confronti l’accusa è di omicidio aggravato. Agì per conto del capomafia Tommaso Lo Presti che vedeva in Di Giacomo una minaccia. Entrambi si contendevano guida e affari del mandamento di Porta nuova.

Indagato anche un altro boss di Porta Nuova

Anche per lo Presti, già detenuto, la Procura ha chiesto l’arresto, ma la misura non è stata concessa dal gip. Torna in cella invece Lipari che da qualche settimana era stato scarcerato. A suo carico anche le dichiarazioni del pentito Alessio Puccio, «soldato» del mandamento di Porta Nuova che ha raccontato agli investigatori di aver saputo da un altro uomo d’onore, Fabio Pispicia che il delitto era stato voluto da Lo Presti ed eseguito da Lipari. L’indagine sul delitto è stata condotta dai militari dell’Arma, guidati dal colonnello Salvatore Di Gesare, e coordinata dalla Dda guidata dal procuratore Maurizio De Lucia.

Chi era la vittima

Di Giacomo, fratello dell’ergastolano Giovanni, capo del mandamento di Porta Nuova, era stato arrestato nel 2008 nell’ambito dell’operazione antimafia «Perseo» ma era stato assolto nel gennaio 2011. Venne ucciso il 12 marzo di 9 anni fa va mentre era in auto. L’omicidio avvenne in via Eugenio l’Emiro, alla Zisa, in pieno giorno. I killer che erano a bordo di uno scooter lo affiancarono e fecero fuoco.

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