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Gli insulti razzisti ai bimbi, a Palermo Mattarella a sorpresa a scuola: il ricordo di Willy e il valore del rispetto

Non capita spesso al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di visitare una scuola ad anno inoltrato, come lui stesso ha spiegato ai ragazzi dell’istituto comprensivo De Amicis-Da Vinci di Palermo, sorpresi nel vedere poco dopo le 10 il capo dello Stato fare ingresso nell’edificio di via Serradifalco, scoprendo solo in quel momento che «l’ospite speciale» annunciato dalla preside Giovanna Genco era proprio Mattarella.

Una visita a sorpresa per chiarire - senza la necessità di farne esplicita menzione durante la visita - che gli insulti razzisti di tre mesi fa nei confronti di due bambini d’una quinta elementare, originari del Ghana e delle Mauritius, non possono avere cittadinanza nel Paese.

Gli insulti risalgono all’ottobre scorso, quando i due bimbi, davanti a una libreria dove si erano recati con altri compagni per raccogliere fondi destinati all’acquisto di libri (iniziativa che rientra nel progetto del De Amicis-Da Vinci», Io leggo perché”), furono apostrofati da alcuni passanti con frasi razziste.

Episodio che si ripeté poco dopo quando gli stessi bambini si spostarono sulle scalinate del teatro lirico della città.

E di «rispetto come valore universale» Mattarella aveva parlato poco prima della visita nella scuola, nella Giornata nazionale del rispetto, istituita dal Parlamento lo scorso anno, “che si celebra - sottolinea in capo dello Stato - nel giorno della nascita di Willy Monteiro Duarte, brutalmente assassinato nel tentativo di difendere un amico in difficoltà. Rispetto verso sé stessi, verso gli altri, verso il pianeta: rappresentano il primo passo per una società vivibile, che assume i criteri della solidarietà, della coesione sociale, della reciproca accoglienza, della sostenibilità. Rispetto è antidoto contro l’odio, la discriminazione, la violenza e la prepotenza.

Essere rispettosi è esercizio di libertà». Quando nella scuola di Palermo, in una quinta elementare, una bambina consegna al presidente un album che contiene disegni, foto e pensieri, la frase a tutta pagina, «Cultura è libertà» è quella che attira l’attenzione di Mattarella: «E’ una grande affermazione», dice prima che gli venga rivolta una domanda: le piace leggere? «Molto - risponde Mattarella -, è un rifugio e un’apertura d’orizzonte e serve a capire anche se stessi». Una bandiera tricolore sulla lavagna, le maestre Patrizia, Fortunata, Cristina e i piccoli in grembiule bianco accolgono Mattarella e la prima domanda dei bambini riguarda il suo lavoro.

«Il mio non è un lavoro - risponde il presidente - è un impegno per la comunità, faticoso ma ben ripagato perché il molto di buono che ha l’Italia cancella ogni fatica». Quanto ai sogni da lui coltivati quando aveva l’età dei bambini che ora lo circondano, Mattarella assicura che «non c’era quello di fare il calciatore. Da piccolo pensavo di fare il medico, poi ho cambiato idea e mi sono dedicato allo studio del diritto e all’insegnamento universitario».
Infine, nell’auditorium dell’istituto, l’orchestra dei ragazzi delle medie esegue due brani di Giuseppe Verdi, il coro delle Zingarelle dalla Traviata e il «Va, pensiero» dal Nabucco. “La musica, i libri, la cultura sono veicoli della vita e della convivenza Vivere insieme e dialogare fa crescere», conclude il presidente che sabato scorso, nell’inaugurare Agrigento Capitale italiana della cultura 2025, proprio su questi temi aveva insistito.

 

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