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«Sono stata stuprata a 15 anni», tante vittime scrivono a Ermal Meta. L'invettiva di Emma Dante

L’artista: «Sono cose che fanno male ma questo è il paese reale, persone reali, con fardelli reali, da portare con sé in ogni momento della loro vita»

Ermal Meta

«Sono stata stuprata a 15 anni»: è l’inizio di una delle testimonianze di vittime di violenza sessuale che hanno scritto a Ermal Meta, dopo che l’artista ha preso posizione sui social contro gli stupratori di Palermo. E’ stato lo stesso cantautore a condividerle sulle storie di Instagram.
«So di aver postato cose che fanno male, ma - scrive il musicista - è un male necessario, reale. Sono persone quelle che mi hanno scritto, persone reali, di un paese reale, con fardelli reali, da portare con sé in ogni momento della loro vita. Provate a leggerli. Quando avrete finito di indignarvi per le mie parole, provate a mettervi nei loro panni. Chissà se arderete della stessa passione. Questo è il paese reale».


Tante le storie, tutte anonime. «Caro Ermal, sono stata stuprata il 26 dicembre del 2000...dopo 23 anni non riesco ancora a confessarlo a mio marito, provo vergogna». Una donna, stuprata dallo zio a 5 anni, confessa che «vorrei dire a quelle persone che parlano, parlano, parlano che vivere con un trauma così non è facile, lavarti fino a farti uscire il sangue dalla pelle perché ti senti sporca è un orrore». E poi la straziante testimonianza di una donna, che racconta della sua amica che, nonostante un marito e una figlia amatissimi, non ce l’ha fatta più a sostenere l’enorme dolore che lascia uno stupro e una mattina, dopo aver portato la bimba a scuola, è tornata a casa e si è impiccata. «Mi sembra chiaro - scrive Meta - che servano leggi stringenti per far sentire le donne che subiscono abusi e molestie in grado di denunciare senza alcuna remora, senza sfiducia e senza paura. Se per questo volete crocifiggermi, non stancatevi a tirarmi su che sulla croce ci salgo da solo».
Tra i commenti al post, anche quello dell’attrice Elena Sofia Ricci: «La tua anima bella non può essere fraintesa. A 12 anni tentai di proteggermi con un disegno che avevo fatto ... un foglio di carta colorato, dall’abuso di un signore molto grande e molto stimato che conosceva bene la mia famiglia. Ho potuto parlarne solo pochi anni fa. Segni che restano per sempre».

L’invettiva di Emma Dante

«Sarebbe un grande rimedio, finalmente, evirare il maschio portatore di fallo fallace a scopo sanitario e ascetico. Allora, questo genere di maschi, ripuliti da superflui pezzi di carne, canterebbero al cielo melodie soavi con le loro voci bianche...». Così la regista teatrale e drammaturga italiana in un’invettiva sui social contro gli stupri e non solo di gruppo come quello che ha sconvolto Palermo, la sua città, e l’Italia tutta. “A che serve quel coso moscio, quel pezzetto di carne che pesa meno di un etto, quella protuberanza fastidiosa che a volte si mette a destra e a volte a sinistra, quel naso brutto senza narici, quella piccola sporgenza imbarazzante, quell’illusione di centro del bacino, centro del maschio, centro del mondo, quel palloncino che si gonfia con la pompetta della libido e diventa arma tagliente, pugnale penetrante, esaltazione dell’io, pene immondo che insozza la poesia di corpi sublimi fatti di vallate e promontori. Perchè non asportarlo subito quel pungiglione velenoso? ” provoca l’artista che riceve centinaia di commenti in rete e anche molte condivisioni del testo.

Rivolta agli uomini che commentano la regista aggiunge di aver scritto questo messaggio «per farvi emergere, per farvi indignare... ma la cosa davvero incredibile è che tutti i portatori di fallo si sono indignati, indistintamente, con gli occhi iniettati di sangue, senza leggere in profondità il senso del mio messaggio che era rivolto agli assassini, a quelli che del pene fanno un’arma contro i deboli, donne e bambini. Un mese fa a Palermo una ragazza è stata stuprata da 7 uomini. Io credo che questa ragazza sia stata assassinata anche se resta viva, mentre questi uomini tra qualche mese saranno di nuovo a piede libero col miccio teso!».

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