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Regione Siciliana, i nodi della formazione della giunta: Cascio perde quota perché fuori dall'Ars

Il presidente della Regione, Renato Schifani

Da un lato la nuova emergenza finanziaria, dall’altro la difficile composizione del mosaico della giunta che da ieri vede precipitare le quotazioni di uno dei favoriti, il forzista Francesco Cascio. Sono giorni già caldissimi quelli del presidente della Regione Siciliana Renato Schifani.

Nel chiuso di Palazzo d’Orleans, unica struttura della Regione attiva in attesa del completamento dello scrutinio e dell’insediamento di Ars e governo, il presidente già ieri ha iniziato a esaminare i dossier con cui la Corte dei Conti ha contestato il bilancio 2020 mettendo sul tavolo il rischio di una manovra correttiva da oltre un miliardo. La difesa della Regione sarà molto «giuridica». Il presidente eviterà sia di attaccare i magistrati sia di scaricare colpe sul vecchio governo. Non individuerà errori di strategia nella stesura del bilancio. Ma proverà a dimostrare che tutto è stato fatto seguendo leggi non impugnate e patti con lo Stato.

Questa è la linea scelta a Palazzo d’Orleans. E così al termine di riunioni di specifici gruppi di lavoro si stanno già scrivendo le prime controdeduzioni all’atto di accusa delle sezioni Riunite della Corte dei Conti presiedute da Salvatore Pilato. Potrebbe essere anche chiesto un incontro alla Corte dei Conti per avviare un lavoro di collaborazione nel fare chiarezza. Poi le prime carpette andranno depositate entro metà novembre per permettere ai magistrati contabili di decidere in via definitiva sulla correttezza del bilancio 2020 entro fine dicembre.

Da questo «processo ai conti» deriva la tenuta finanziaria della Regione. È escluso che il nuovo governo abbia le risorse per coprire subito una manovra correttiva che potrebbe valere da un minimo di 866 milioni a un massimo di oltre un miliardo e 100 milioni. In ogni caso si brucerebbero in un colpo solo le ambizioni di Schifani di portare una Finanziaria all’Ars nei primi mesi del 2023 che preveda aiuti alle famiglie e alle imprese contro il caro energia. È una materia di stretta competenza statale ma il presidente da giorni è impegnato nella ricerca di un tesoretto che possa permettere alla Regione di stanziare aiuti ulteriori e tarati sulla realtà siciliana.

Nel frattempo soffiano sul fuoco della polemica i gruppi di opposizione all’Ars Sud chiama Nord e Sicilia Vera, espressione di una lista civica che ieri ha dato questa lettura dello scontro in corso con la Corte dei Conti: «I bilanci della Regione sono farlocchi. Lo ripetiamo da anni senza aver mai ottenuto risposte né dall’assessore Armao né dallo stesso Musumeci. Schifani sappia che in aula non passerà più un atto contabile se non si fa una operazione verità».

L’emergenza contabile ha tolto a Schifani tempo per le trattative con i partiti sulla formazione della giunta. Ma anche su questo fronte molto si muove, seppure sotto traccia. Un primo effetto politico è arrivato dalla proclamazione dei deputati eletti a Palermo: la sorpresa è che nella lista di Forza Italia il primo dei non eletti non è più Francesco Cascio ma Piero Alongi. La differenza fra i due, al termine del riconteggio, è di appena 47 voti. Ma arrivare quarto significa essere in pole position per entrare all’Ars nel caso in cui Gianfranco Micciché optasse per il seggio al Senato. L’ormai ex presidente dell’Ars continua a escludere di migrare a Roma: in ogni caso ciò non sarebbe più un vantaggio per Cascio. Che perde così molte chance anche sul fronte del governo, visto che Schifani ha sempre detto di voler chiamare in giunta deputati eletti e con esperienza. In quest’ottica per Cascio, da sempre vicino a Schifani, stavano per aprirsi le porte dell’assessorato alla Sanità. Una poltrona a cui ambisce anche Micciché, che propone una donna a lui vicina (la manager dell’Asp di Palermo Daniela Faraoni) o un uomo che corrisponde all’identikit del presidente dell’Ordine dei Medici Toti Amato. Intorno a Micciché continuano a essere alimentate le voci di un possibile ruolo di sottosegretario nel governo Meloni (malgrado i dubbi dello stesso premier), mentre Schifani non ha confermato l’ipotesi di una sua ricandidatura a presidente dell’Ars in cambio della cessione di un assessorato in più a Fratelli d’Italia. Uno scenario - quello della ricandidatura di Micciché al vertice dell’Ars - che spaccherebbe il centrodestra perché sarebbe frutto di un accordo con le opposizioni.

Fratelli d’Italia non ci sta e a Schifani nel week end ha ribadito di puntare a 4 assessorati più la presidenza dell’Ars: quest’ultima è destinata all’etneo Gaetano Galvagno. Mentre i nomi che verranno proposti a Schifani per scegliere gli assessori della Meloni sono quelli di Giusy Savarino, Alessandro Aricò, Giorgio Assenza, Elvira Amata e Ruggero Razza.

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