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L'infinito buco nero della Regione Siciliana: rilievi anche sul calcolo del contenzioso

Palazzo d'Orleans a Palermo, sede della presidenza della Regione Siciliana

«Non si può non constatare che la quantificazione del contenzioso pendente, unitamente a quella del relativo Fondo rischi, sia caratterizzata da una certa aleatorietà per l’assenza di un modus operandi omogeneo che rende non pienamente attendibili i dati»: è uno dei capitoli più corposi del dossier di 600 pagine con cui le sezioni Riunite della Corte dei Conti hanno contestato la regolarità del bilancio 2020 della Regione Siciliana.

In sintesi, i magistrati contabili ritengono che la Regione non abbia ben registrato le migliaia di ricorsi e processi in un cui è parte in causa e questo ha fatto sì che il fondo destinato a coprire il costo dei risarcimenti in caso di condanna sia sottostimato, non abbia risorse a sufficienza. La differenza non è di poco conto, visto che secondo i dati che la Regione ha fornito alla Corte dei Conti nel 2020 le cause pendenti valevano 689 milioni e spiccioli (si tratta di una stima) mentre nel fondo rischi sono stati accantonati dal vecchio governo solo 268 milioni e mezzo.

È una contestazione che si somma a quelle anticipate ieri dal Giornale di Sicilia, che da sole valgono già quasi un miliardo e 100 milioni: la prima riguarda il mancato accantonamento di tutte le somme necessarie a coprire il disavanzo registrato fino al 2019. La differenza di 866 milioni fra quanto accantonato e quanto necessario deriva dal fatto che secondo il vecchio governo la Regione poteva spalmare la copertura di questo maxi buco in 10 anni, quindi con rate più piccole, mentre secondo la Corte dei Conti l’accordo con lo Stato che autorizzava questa operazione valeva solo dal 2021 in poi. In più, sempre nel 2020, la Regione finanziò con altri 161 milioni il rinnovo delle concessioni alle autolinee ma lo fece in forza di una legge poi cassata dalla Corte Costituzionale.

Il nuovo governo presieduto da Renato Schifani dovrà difendere nelle prossime settimane la regolarità del bilancio 2020 e sperare che la pronuncia definitiva della Corte dei Conti, a dicembre, non lo costringa a una manovra lacrime e sangue per recuperare in tutto o in parte il miliardo contestato.

Nel frattempo però la lettura dei nuovi capitoli del dossier dei magistrati contabili si traduce in un’altra bomba a orologeria per il governo nascente. Nella relazione che mette insieme le contestazioni sul valore dei contenziosi si legge che a giudizio della Corte dei Conti «è necessario ribadire che il Fondo contenziosi deve coprire il 100% del rischio di soccombenza, ove questo sia correttamente stimato sulla base degli standard nazionali e internazionali a seguito di una reale mappatura delle liti pendenti. Mappatura che deve essere oggetto di costante aggiornamento».
Di più, dal carteggio emerge che i magistrati non credono che la Regione abbia contato correttamente le liti in cui è coinvolta: intanto perché «non risultano neppure quantificate 607 liti, la metà delle quali relative al Corpo forestale». In pratica una decina di dipartimenti ha ammesso di essere coinvolta in cause ma non ha detto quanto valgono.

Stessa analisi per il contenzioso di carattere tributario: «Non è stato possibile verificare, sulla base dei dati trasmessi, l’esatto numero di tali giudizi» scrivono i magistrati contabili alla Regione.
Ma soprattutto «nel fondo destinato a coprire le eventuali soccombenze - rilevano ancora i magistrati contabili - sono state stanziate somme che poi hanno creato coperture per spese che nulla hanno a che fare con il contenzioso».

A differenza di quanto potrebbe accadere nel caso degli accantonamenti per il disavanzo, quantificare il rischio per la Regione dalle contestazioni sui contenziosi è più complicato. Anche perché nel 2022 l’assessore all’Economia, Gaetano Armao, ha ricontato le liti che coinvolgono tutti gli uffici della Regione arrivando a registrare la cifra record di 6.531 contenziosi che hanno costretto ad accantonare quasi mezzo miliardo. Il Fondo contenziosi quindi non è più quello quantificato (e contestato dai magistrati) nel 2020. Armao lo ha quasi raddoppiato. Ora è un tesoretto che la Regione è tenuta a tenere in un cassetto in attesa che una sentenza sblocchi la possibilità di investirlo o la condanni a utilizzarlo per un risarcimento.

Allo stesso modo la Regione proverà a dimostrare che anche le contestazioni sulla copertura del disavanzo sono superate. In primis perché fu un accordo con lo Stato ad autorizzare la procedura. E malgrado quell’accordo sia arrivato oltre i termini previsti fu lo Stato - è la tesi del vecchio governo - a chiedere che venisse siglato solo a gennaio 2021 ma sulla base di una intesa a cui si lavorava da quasi un anno. In seconda battuta, rileva chi lavorò con Armao al bilancio 2020 e a quell’accordo, lo Stato non impugnò i bilanci successivi al 2020: segnale che il patto dava copertura alle manovre decise dal governo regionale. La linea del vecchio governo è che le contestazioni della Corte dei Conti metterebbero in dubbio lo stesso operato dello Stato, visto che il governo a trazione Pd-M5S diede il via libera a spalmare il disavanzo in 10 anni invece che in 3 anche fuori tempo massimo. Ma tutto questo andrà provato nel giudizio di parifica per evitare una manovra lacrime e sangue.

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