Il momento più coinvolgente: In questo mondo di ladri cantato da tutti con Antonello Venditti che invita il pubblico ad alzarsi in piedi. Il momento più significativo: il brano successivo, quando Venditti e De Gregori cantano spalla e spalla sulle note di Sempre e per sempre, un inno ai rapporti che non possono «perdersi mai», proprio come il loro. Ma c’è anche il momento più toccante: quando è il turno di Canzone, l’omaggio a Lucio Dalla che scalda i cuori di un pubblico di nostalgici, e stavolta è Francesco De Gregori ad ampi gesti a chiamare la gente a cantarla in piedi. Ma qualunque brano, estrapolato da più di due ore e mezza del concerto di giovedì sera a Palermo, non può raccontare in pieno uno spettacolo che non accusa cali di tensione e racconta cinquant’anni di musica, cominciati assieme nella cantina di Trastevere che ha scritto la storia della canzone d’autore in Italia, il Folkstudio. Erano gli anni dei primi passi e dei primi contatti verso il successo, celebrati poi da Venditti nel ’78 in Bomba o non bomba, la canzone che ha aperto il live.
Il Velodromo, rimesso a disposizione della musica in poche settimane, dopo anni di oblio, ha retto bene, naturalmente con una capienza limitata in attesa di un restyling completo. Gli appassionati di De Gregori e Venditti - pochi i giovani, quasi tutti over 40, 50 e 60 - hanno riempito senza difficoltà tutti i 4.950 posti disponibili. Dove c’era il prato (e sarà risistemato a settembre), un tappeto di pietrisco ha consentito di piazzare le file di sedie per i posti numerati del parterre. Nella tribuna di fronte al palco il «grosso» degli spettatori, pronti a riempire di calore i loro beniamini romani. Fra i due sceglie sempre le note alte l’autore di Roma capoccia, sul testo della quale De Gregori inciampa un po’ (le «finestre» diventano «coppiette») e ride, perché il clima è quello dei compagni di scuola che si ritrovano dopo 50 anni.
Ma il tono del concerto non è quello della rimpatriata, tutt’altro. La band - con un Amedeo Bianchi superlativo al sax - arricchisce le canzoni più note (Generale, Ricordati di me, Notte prima degli esami, La donna cannone) di sonorità sconosciute ai fan, che cantano comunque in coro, persino quando Venditti e ancor di più De Gregori smantellano la metrica di hit ultradecennali per regalare loro una vita nuova. È un sound che stupisce: prima forse ognuno dei due aveva il suo, la tournée di coppia partorisce una musica che diventa di tutti e due, bene comune, come ai tempi di Theorius Campus, il loro primo ed unico album registrato dalla IT di Vincenzo Micocci, che vendette pochissimo ma segnò un’epoca.
Del resto, la presenza dei due primattori sul palco, a interpretare ciascuno le canzoni dell’altro, e assieme all’altro, già predispone l’ascoltatore a qualcosa di innovativo. «Nino, non aver paura di tirare un calcio di rigore» (La leva calcistica della classe ’68), intona Antonello in avvio di concerto. «Diciott’anni sono pochi per promettersi il futuro» (Sotto il segno dei pesci) gli risponde Francesco. Settantuno anni lui, 73 l’altro, eppure anche quando cantano i pezzi più antichi, quelli che sanno degli anni del liceo (Sara) o dell’impegno sociale post-sessantottino (Pablo e la sua «Svizzera verde»), Venditti & De Gregori sono autentici, credibili, entusiasti.
Stasera e domani (produzione Friends and Partners, promoter nell’Isola Giuseppe Rapisarda) gli attesi concerti al Teatro Antico di Taormina. Uno scenario ideale per un nuovo tuffo nella nostalgia. Per gridare alla fine, assieme a loro, un sentito Grazie Roma.
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