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Addio a Pino Caruso, con Franco e Ciccio ha esportato la comicità siciliana

Palermo in lutto per la morte dell'attore Pino Caruso, scomparso ieri sera a Roma

Rimproverava due cose alla sua amatissima Sicilia: di essere lontana, servita da treni immarcescibili che non arrivavano mai e che lui, che odiava l’aereo, era costretto a prendere. E che le “scorze” di cannolo, se riempite di ricotta, si ammollavano nel viaggio, quindi ogni volta doveva partire con le scorze da un lato e la ricotta dall’altro, e le panelle da congelare.

Pino Caruso è morto ieri a 84 anni nella sua casa alle porte di Roma. Senza rivedere il mare, che lui – nato “improvvisamente” il 12 ottobre 1934, tra bombe e rifugi in quello scampolo di via Materassai dietro San Domenico – amava ed odiava assai. Stava già male da un po', negli ultimi anni aveva dovuto vedersela con malattie varie, ma tirava avanti con quell’ironia propria che lo spingeva ad essere a tratti “lamentusu”, a tratti brioso.

Ma la sua Palermo, quella no, non se l’è mai dimenticata. Ed ogni volta era una gioia, un ricordo dietro l’altro, un acciacco dietro l’altro, un rimbrotto dietro l’altro. Pino si sentiva anche un po’ dimenticato, ma alla fine spazzava via la malinconia con un aforisma, uno dei suoi, che ha spesso voluto raccogliere nei diversi libri pubblicati.

Fu lui stesso a raccontare più volte che dopo le elementari non aveva voluto continuare, e la sua scuola era stata la vita, fino ad arrivare – son parole sue – ad una meravigliosa “ignoranza enciclopedica”. Dai sedici ai ventidue anni ebbe persino una crisi mistica e per scappare alla miseria di casa, decise di farsi prete: per fortuna il padre si oppone e Pino decise di darsi al teatro. Con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, e con Lando Buzzanca (ultimo rimasto) fa conoscere la comicità siciliana al di là di Martoglio. Nel 1967 lo ingaggia Remigio Paone per uno spettacolo dal titolo “Pane al Pino e Pino al Pino” di Castellacci e Pingitore e lo fa debuttare al Teatro Nuovo di Milano. “Bussa” – son sempre ricordi suoi – al Piccolo di Milano, non gli aprono subito ma alla fine gli aprono.

Nel ’68 approda alla tv con “Che domenica, amici” e da allora in poi la carriera decolla, arriva al Bagaglino, poi ritorna in Rai, tredici anni dopo, con Ornella Vanoni in "Due di noi", poi nell'81 con Milva in "Palcoscenico", dalla mano sicura di Antonello Falqui, nell’82 crea, pensa, conduce e interpreta "Che si beve stasera?" passando dalla Rete ammiraglia alla “cadetta” Rai2. Showman (ma la parola non gli piaceva), conduttore, animatore, attore di fiction, interprete di film.

E tanto teatro, improvvisazioni comprese. Tra i suoi ultimi successi, è lo scorbutico e simpatico maresciallo Capello nelle due serie di “Carabinieri” dal 2002 su Canale5. Anche tanti libri, di aforismi e di racconti: “Il diluvio universale. Acqua passata” per la Novecento (1993), “La Sicilia vista da me” (Pappo editore, 1997), “L’uomo comune” per Marsilio (2005) che aveva pubblicato anche “Il venditore di racconti” nel 2003.

Alla sua Palermo era legatissimo, ma sempre con una punta di grande dispiacere: quello che nessuno – istituzioni e non – si ricordasse del 1995, anno di grazia in cui lui dirige prima il Festino – e fu quello della svolta, trasformato da semplice celebrazione religiosa a spettacolo kolossal con migliaia di comparse – e avvia la sua esperienza di “Palermo di scena”, di cui firmerà le prima due edizioni: Palermo aveva finalmente il suo festival estivo, gli agenti capirono che potevano portare spettacoli a sud di Napoli e arrivarono in massa. Alla guida del Festino poi ritornerà nel 2001, chiamato dal commissario Guglielmo Serio.

Pino chiamò gli amici, Dario Fo, Carmelo Bene, i primi teatranti contemporanei, la musica, da Sakamoto in giù. Ma nessuno se lo ricordava, dice lui, e parecchie volte aveva fatto intendere che avrebbe voluto che lo chiamassero a dirigere qualcosa, forse il Teatro Biondo post Carriglio, al quale era legato da una bella amicizia. E proprio allo Stabile era stata una delle sue ultime apparizioni teatrali: dopo il trionfale “Il berretto a sonagli” del 2010 era ritornato cinque anni fa con “Non si sa come” sempre di Pirandello.

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