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Il gelato di Cosa nostra, due imprese e il marchio Sharbàt sequestrati a Palermo

Le indagini della guardia di finanza già ad agosto avevano portato agli arresti di un esponente di spicco del mandamento di San Lorenzo e dell'imprenditore a capo della Magi srl, dichiarata fallita nel 2021

I finanzieri di Palermo hanno eseguito un’ordinanza del gip che ha disposto il sequestro di due imprese nel settore delle gelaterie-pasticcerie e il relativo marchio Sharbàt in via Terrasanta e a Mondello. L’indagine rientra nel filone di inchiesta condotto dal nucleo di polizia economico-finanziaria che ad agosto aveva portato in carcere Michele Micalizzi e Mario Mancuso, accusati, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e bancarotta fraudolenta.

Michele Micalizzi, 75 anni, genero dello storico capomafia Rosario Riccobono, era tornato in libertà nel 2015 dopo 20 anni di carcere. Il gip ad agosto ha disposto il sequestro di un milione e mezzo di euro. Micalizzi è ritenuto il boss della famiglia mafiosa di Tommaso Natale, Mancuso è il patron della Magi srl, dichiarata fallita nel 2021. L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo riguarda la bancarotta fraudolenta della società che gestiva le gelateria a marchio Brioscià e l’apertura di altri esercizi commerciali. Il sequestro disposto dal gip commisurato ai fatturati stimati, supererebbe i 2 milioni di euro. È stato nominato un amministratore giudiziario.

Sarebbe stato dimostrato il pieno coinvolgimento del mafioso nelle iniziative dell’imprenditore (indagato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa), con riferimento all’apertura di altri esercizi commerciali a Palermo, così come nella costituzione e gestione di una società e una ditta individuale con una nuova insegna. Sarebbe stata documentata l’esistenza di un gruppo imprenditoriale di fatto tra i due, costituitosi e sviluppatosi negli anni, attraverso quelle imprese, «potendosi rilevare dunque - affermano gli inquirenti - un’operatività tipica di imprenditorialità mafiosa».

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