Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

L'amico del magnate Lynch: «Gli dissi di scappare dal processo e mi rispose "no, perché sono innocente"»

«Perché non vai a vivere da qualche parte dove non c’è un trattato di estradizione con gli Stati Uniti?», gli aveva suggerito l’imprenditore Brent Hoberman. Ma il tycoon britannico affrontò la giustizia e ne uscì vincitore

È un capovolgimento del destino degno di una tragedia di William Shakespeare quello accaduto a Mike Lynch, il tycoon britannico inabissatosi col suo yacht Bayesian al largo di Porticello dopo che due soli mesi fa aveva evitato una condanna per frode a 25 anni di carcere negli Usa, ancor di più se si considerano i tanti riferimenti a naufragi e tempeste fatali nell’opera del sommo bardo della letteratura inglese. Ad affidarsi a questo tipo di considerazioni, mentre dalle acque vengono estratti i corpi delle sei persone dichiarate, è stato un suo amico di lunga data, l’imprenditore Brent Hoberman, dagli schermi di Sky News.

«Una volta gli dissi “perché non vai a vivere da qualche parte dove non c’è un trattato di estradizione con gli Stati Uniti?”». La domanda era stata fatta a Lynch mentre si trovava nel pieno della sua battaglia legale più che decennale, riguardante le accuse di aver gonfiato artificialmente i conti di Autonomy, start-up da lui fondata e diventata una multinazionale, al fine di spingere il colosso americano Hewlett-Packard (Hp) ad acquisirla nel 2011 per 11,1 miliardi di dollari. «Perché sono innocent», rispose il Bill Gates britannico, come lo chiamavano. E vide confermate le sue parole il giugno scorso con la piena assoluzione da parte di una corte di San Francisco dopo l’estradizione dalla sua Inghilterra agli States.

«Che odissea - ha commentato ancora Hoberman parlando della sorte dell’amico -, questa è una sorta di tragedia shakespeariana per qualcuno che ha speso 12 anni della propria vita a difendere il suo nome e, avendolo appena riabilitato, va in viaggio per festeggiare assieme a coloro che lo hanno aiutato a vincere il processo, ma la cui barca viene investita da un disastro di quelli che capitano una volta su un milione».

Un destino ingiusto, ha concluso l’imprenditore amico, che ha anche cercato di aggrapparsi alla speranza, prima del ritrovamento del corpo avvenuto stamattina, di «un clamoroso secondo atto», dicendo di «pregare per un miracolo: Dio, che gran finale sarebbe».
Hanno sperato inutilmente anche i familiari degli altri dispersi nell’affondamento - l’avvocato americano del tycoon Christopher Morvillo con la consorte Nada e il presidente di Morgan Stanley International, Jonathan Bloomer, e sua moglie Judith, entrambi cittadini britannici - sperando in fatidiche «bolle d’aria» all’interno dello scafo adagiato sul fondo del mare per permettere una improbabile sopravvivenza. Il lieto fine però, come del resto accade nelle tragedie di Shakespeare, non contraddistingue la storia di Lynch.

Persone:

Caricamento commenti

Commenta la notizia