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La strage di Capaci 32 anni dopo, Palermo ricorda Falcone: «La sua memoria accompagni la vita dei siciliani»

A palazzo Jung prima delle tante manifestazioni della giornata che si chiuderà alle 17,58 sotto l’albero Falcone per il minuto di silenzio

Nell’anno del trentaduesimo anniversario della strage di Capaci, dove persero la vita il giudice Giovanni falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro, la Fondazione Falcone sceglie palazzo Jung per onorare la memoria degli eroi che hanno combattuto cosa nostra. Tantissimi i giovani presenti, chi con striscioni e cartelli, chi con magliette commemorative, che riempiono il giardino dove si inaugurerà ufficialmente il Museo della Memoria.

La prima delle tante manifestazioni a corollario della giornata che si chiuderà alle 17,58 sotto l’albero Falcone per il minuto di silenzio. E proprio ai più piccoli si rivolge l’ex Presidente del Senato Pietro Grasso: «Sono la speranza per il futuro», ha detto a margine. Tante le autorità istituzionali che hanno partecipato all’evento aperto da Maria Falcone, che ha ricordato il sacrificio del fratello: «Trentadue anni ma come se fosse ieri - ha detto - questo museo è la corporazione dell’attività svolta dalla Fondazione. I ragazzi devono rendersi conto che la mafia continua ancora a fare affari: sono rimasta perplessa nel vedere come in America trasportano la droga con un sottomarino telecomandato. Questa è la nuova evoluzione».

E ha continuato: «Gli interessi convergenti accanto alla mafia ancora non li conosciamo - ha detto - vorrei dire che non ci sono poteri dello Stato sotto a quella strage, io amo lo Stato e non posso pensare che alcune istituzioni hanno tramato contro Giovanni».

Il governatore siciliano ha ricordato la figura di Giovanni Falcone e l’esempio fornito a tante generazioni di siciliani. «La memoria di Giovanni Falcone deve far parte della vita di ogni giorno dei siciliani - ha sottolineato - a maggior ragione quella di chi occupa ruoli istituzionali o di responsabilità anche per essere d’esempio nella propria azione e nelle proprie decisioni». All’evento hanno aderito diverse figure del Governo Nazionale. Fra queste il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il collega con delega alla Cultura Gennaro Sangiuliano. L’esponente del Governo Meloni ha ricordato il valore della cultura nella lotta alla mafia. «Se diamo cultura ai giovani li allontaniamo da ogni tentazione: questo si può fare creando infrastrutture culturali - ha detto - la cultura non deve essere un fatto relegato ad alcune Ztl, va diffusa su tutti i territori. Con il decreto Coesione abbiamo attuato il progetto periferie per portarvi teatri, biblioteche, sale multimediali e cinema».

All’incontro si è poi ricordato il lavoro svolto fino ad ora dalle forze all’ordine: «Finora sono stati sequestrati ben 250 milioni, tra aziende, titoli, immobili, contanti riferibili a Matteo Messina Denaro», ha ricordato il comandante del Ros Vincenzo Molinese. «La mafia - ha aggiunto - riesce a inquinare la società civile. La forza di Cosa nostra è al di fuori dell’organizzazione: riesce a penetrare tra professionisti, istituzioni è una sua peculiarità». «In Cosa nostra non ci sono regole di successione - ha detto invece il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia - Giovanni Motisi è latitante da 26 anni, troppo tempo. Noi abbiamo il dovere di fare cessare la sua latitanza e lo prenderemo, ma non c’è un capo conclamato che arriva dopo Messina Denaro».

Nel video le parole di Maria Falcone, Renato Schifani, il ministro Sangiuliano e Pietro Grasso

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