Giuseppe La Barbera è il primo ad entrare nella sala autoptica. Alle 9 in punto il furgone della polizia mortuaria è davanti la sala Settoria dell’edificio 9 C del Policlinico di Palermo. Pochi secondi e il furgoncino nero viene accerchiato da amici e familiari che di buon mattino erano già in attesa e avevano trovato rifugio dalla pioggia all’interno della camera mortuaria.
La Barbera, 28 anni, che era addetto al controllo della segnaletica stradale, è la più giovane delle vittime della tragedia di Casteldaccia, dove lunedì (6 maggio), con lui, sono morti altri quattro colleghi. L’operaio, 28 anni, lascia la moglie ventenne e due bimbi di 5 e un anno, era nato e cresciuto tra i vicoli di Ballarò.
In silenzio parenti e amici assistono alle operazioni: c’è chi con lo sguardo tenta di accarezzare la bara in zinco estratta dal mezzo, chi abbraccia un amico. Ci si fa forza l’un l’altro e si aspetta. «Giuseppe l’ho visto crescere - racconta con voce commossa Andrea Garofalo, amico della famiglia - da bambino gli avevo regalato l’abitino della Madonna del Carmine, la mia confraternita. Era contento di questo lavoro. Si è sempre dato da fare: fin da piccolo con suo padre ha sempre dato una mano alla sua famiglia».
Garofalo però non era ancora riuscito a conoscere la moglie: «L’ho vista adesso - dice - non eravamo riusciti mai ad incontrarci. Io sono molto amico della famiglia, la nonna, i genitori, siamo molto amici. Io sono qui perché loro mi sono stati molto vicini quando è stato il momento di mia madre, circa otto anni fa. Sono stati tutti molto presenti. Il dovere si fa».
nel video l'intervista ad Andrea Garofalo
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