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Palermo, i pm indagano anche sulla gestione dell’ippodromo

«Sono come Giovanna D’Arco», diceva Gregorio Marchese, il figlio del killer mafioso

«Io sono il Masaniello, oppure Giovanna D’Arco, quindi lo Stato è contro il popolo e io con il popolo». Sono parole di Gregorio Marchese, figlio di uno dei più spietati killer di Cosa nostra, Filippo Marchese. Gregorio Marchese parlava così, non sapendo di essere intercettato.

Marchese jr. è finito ai domiciliari nell’inchiesta sull’ex consigliere comunale di FdI Mimmo Russo, con le accuse di estorsione e corruzione. Parlando dell’interessamento suo e di Russo all’ippodromo, che era per loro una sorta di stipendificio, Marchese diceva: «Noi lo facciamo solo per filantropia, per amore verso la città».

E sulla gestione dell’ippodromo il gip punta il dito anche contro Massimo Pinzauti, procuratore generale della Sipet, la società che aveva vinto la gara per la gestione della struttura e che avrebbe consentito che Marchese fosse il suo braccio operativo a Palermo. Il dirigente, secondo gli inquirenti, non si sarebbe fatto scrupolo di usare le intimidazioni mafiose di Marchese per far rinunciare due professionisti a riscuotere i loro crediti verso la Sipet.

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