Ci sono le estorsioni, ma regge l’affare legato alla droga. E per avviare una piantagione di marjuana, gli affiliati al clan di Torretta avevano pianificato il furto della materia prima agli «scafazzati» di Borgo Nuovo, che in quel territorio non avevano permesso di stare.
Le investigazioni della squadra mobile di Palermo sulle cosche della provincia si erano concentrate su Salvatore Prestigiacomo, 50 anni, tra i fermati nella retata di martedì e sul presunto controllo delle attività di coltivazione di droga che avrebbe avviato nel territorio di competenza della famiglia. Detto Totò panzaredda, è già stato definitivamente condannato per mafia. Sarebbe stato lui a fare ottenere ad un affiliato della famiglia di Montelepre il lasciapassare del boss Salvatore Mulè per il suo «trasferimento» alla Cosa nostra americana. A marzo scorso, in una intercettazione, l’indagato avrebbe commissionato ad un complice l’avvio della impresa per la quale servivano cinquecento piante («vai a farla là, vai a farla e non ne parliamo più…».
Una volta ricevute le disposizioni, era sorto il problema sull’utilizzo di piante che sarebbero giunte a maturazione in breve tempo, perché il sodale non avrebbe voluto passare un’altra estate occupato nelle impegnative attività di cura della coltivazione («perché io l’estate non me la posso consumare di nuovo»). Ovviamente, sull'intera operazione doveva essere mantenuto lo stretto riserbo, altrimenti sarebbero scattate pesanti punizioni: «Prima ti scippo tutte cose e poi ti scippo la testa a te». L’avvertimento riguardava la limitrofa famiglia mafiosa di Montelepre e i prevedibili contrasti che l’indagato riteneva fosse meglio evitare.
L’occasione per procedere con la serra arrivava ad aprile, quando l’indagato era venuto a conoscenza della esistenza di una piantagione di marijuana in un terreno che si trovava proprio vicino al suo ovile di Piano dell’Occhio. E che non era legittimata da nessun permesso da lui concesso. Quindi, l’idea di impossessarsene: «Vedi se è pronta compà; quando è pronta pappite!...»Per entrare nel casolare erano state sfondate le mura con una una motosega. E se quelli si lamentano e reagiscono, si chiedeva il complice? Poco male. «Fanno casino? E di che - rispondeva Prestigiacomo -. Lascia che vengono e gli dico... Ma voialtri come vi permettete venire qua a mettere questa cosa?».
Il giorno dopo il furto, il gruppo si riprometteva di iniziare a immetterla sul mercato e venderla: «Di meno siamo, più ci tocca», dicevano. Ma la polizia era giunta prima e l’aveva sequestrata.
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