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Avvocato risponde al fratello del palermitano colpito dalla bici a Torino: «Messa alla prova più dura del carcere»

«Confondere l’esigenza di giustizia con l’aspettativa di una pena retributiva e severa non risolve il problema e non fa che aumentare il dolore di tutti, senza rimedio per nessuno», dice Domenico Peila, che difende i minori sotto accusa

«Pur comprendendo il giusto e doloroso sfogo di chi è rimasto vittima di un gesto sconsiderato ed irrimediabile, volere sovrapporre e confondere l’esigenza di giustizia con l’aspettativa di una pena retributiva e severa non risolve il problema e non fa altro che aumentare il dolore di tutti senza rimedio per nessuno». È il commento dell’avvocato Domenico Peila al video di Michele Glorioso, fratello dello studente universitario palermitano gravemente ferito dalla bici scagliata da un gruppo di ragazzi ai Murazzi del Po, a Torino, il 21 gennaio scorso.

Nel filmato, su Instagram, Michele Glorioso si dichiara contrario all’ipotesi della messa alla prova: «Mi chiedo - dice - come può essere permesso a tre ragazzi che hanno quasi ucciso mio fratello di continuare a vivere come se niente fosse?».

Peila è uno dei difensori dei tre minorenni, accusati di tentato omicidio, per i quali domani, 7 settembre, si terrà l’udienza preliminare, al Tribunale dei minori di Torino. «Gli eventuali percorsi di recupero alternativi alla pena previsti dal rito minorile, nello specifico la messa alla prova, che il Tribunale dovrà valutare - prosegue l’avvocato Peila - sono cosa diversa dalla libertà e nulla hanno a che vedere in concreto con quanto si dice. Essere eventualmente messi alla prova con limitazione della libertà personale per un adolescente è cosa ben più dura e difficile che restare in carcere aspettando il fine pena senza alcuna prospettiva di recupero».

Nella foto i controlli dei carabinieri nella zona dei Murazzi subito dopo il lancio della bici elettrica

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