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Lo stupro a Palermo, insulti a un amico degli indagati: «Io non sono come loro»

Il ragazzo ha condiviso un video sui social per prendere le distanze dal branco: "Io sono indignato quanto voi, non siamo tutti uguali"

"Faccio questo video per metterci la faccia. Avete insultato me e la mia ragazza, ma noi non c'entriamo nulla con quello che è successo". Esordisce così, tramite un video su TikTok, un amico di alcuni degli indagati per lo stupro di una diciannovenne a Palermo. Dopo gli arresti del branco, sia lui che la fidanzata sarebbero stati presi di mira sui social per il semplice fatto di conoscerli o di vivere nello stesso quartiere. "Io sono indignato quanto voi - dice durante il filmato - quindi basta insultarci, ho dovuto disattivare i commenti non perché ho qualcosa da nascondere, ma perché mi avete scritto davvero tante cose brutte. Li riattiverò dopo questo video, spero di ricevere messaggi positivi, stavolta".

Il ragazzo si difende dall'ondata di odio che in questi giorni ha invaso i social su più fronti e che avrebbe travolto anche lui: "Voglio mettere le cose in chiaro, io non sono una persona del genere, non sono come loro. Poteva capitare a chiunque di conoscere questi ragazzi, noi non eravamo al corrente di quello che stavano facendo. Se lo avessimo saputo, il primo io e altri amici miei, non li avremmo frequentati. Non è che perché un mio vecchio amico ha fatto una cosa del genere, allora siamo tutti gli stessi. Non siamo tutti uguali su questa terra. Mi state inviando un sacco di insulti senza che io abbia fatto niente".

Poi la speranza di non dover più leggere cattiverie sul suo profilo: "Vi prego di non scrivere più in quel modo a me o alla mia ragazza. Le avete detto cose pesantissime. Dovete capire la diversità delle persone, siamo tutti sotto lo stesso cielo, ma non siamo tutti uguali, lo ripeto". Una vicenda che rientra nel caos incontrollato sui social scatenato dal fatto di cronaca. Su Telegram sono ancora attivi i gruppi in cui migliaia di iscritti sono in attesa del video della violenza, nonostante l'avvertimento del Garante della Privacy sulle conseguenze penali dovute a una eventuale condivisione del filmato. Su TikTok, invece, la creazione dei profili fake degli indagati che continuano ad alimentare la macchina dell'odio.

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