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Claudia Caramanna, procuratore del tribunale dei minori a Palermo: «Nessun rispetto per le donne»

Intervista al magistrato che ha firmato la richiesta d'arresto per l'unico indagato sotto i 18 anni della violenza sessuale di gruppo: «Preoccupa questa tendenza a realizzare e scambiarsi i video»

Claudia Caramanna, procuratrice per i minorenni di Palermo

«Questi ragazzi hanno dimostrato di non avere alcun rispetto per le donne. Ed è una circostanza che mi ha davvero impressionato, nonostante sia abituata a vederne di tutti i colori, a causa del mio lavoro. Questo episodio, però, va oltre qualsiasi immaginazione, anche la più brutta». Parole durissime, quelle del procuratore capo presso il Tribunale dei minorenni di Palermo, Claudia Caramanna, che ha firmato la richiesta cautelare per l’indagato più giovane, l’unico under 18, dopo aver visionato i video che hanno svelato lo stupro di gruppo.

I responsabili di questi episodi mostrano un’assoluta mancanza di empatia con la vittima, nessuna percezione della sofferenza che stanno provocando. Come magistrato e come donna, è questo l’aspetto che la colpisce di più?

«Non la consideravano come un essere umano. Dai filmati estrapolati dalle telecamere comunali si vede chiaramente che i sette fanno prima ubriacare la ragazza, poi la trascinano, reggendola in due fino al luogo in cui la spogliano del tutto. Nel frattempo uno di loro riprendeva tutto con il telefonino, mentre il minorenne la schiaffeggiava violentemente sul seno, procurandole una grande ecchimosi, per non farla addormentare. E come se non bastasse, quando tutto è finito, sono andati via, abbandonando la diciannovenne su un muretto per riprendere la loro vita di sempre come se nulla fosse. Una sequenza sconvolgente, che la dice lunga su quale sia l’opinione di questi ragazzi nei confronti delle donne».

A commettere gli abusi sono stati ragazzi dai 17 ai 22 anni. Hanno un profilo particolare, provengono cioè da un contesto sociale disagiato, o ci sono altri fattori che possono innescare la violenza? Si potrebbe quindi dedurre l’assenza delle famiglie?

«Queste persone vivono in un ambiente normale, dove non c’è una particolare condizione di degrado. Per essere chiari, i sette arrestati non sono parenti di delinquenti. Semmai si tratta di ragazzi che stanno a casa, che non fanno nulla e non hanno la voglia di cercarsi un lavoro o una prospettiva per migliorare il proprio futuro. Però tutti possedevano l’ultimo modello di telefono cellulare, evidentemente le famiglie hanno questa disponibilità economica ma, allo stesso tempo, non si pongono il problema di fornire esempi più validi ai loro figli».

Possiamo definirla una vicenda isolata o ci troviamo di fronte a un fenomeno diffuso?

«La violenza, soprattutto tra le fasce d’età più basse, aumenta in maniera costante ed è assolutamente trasversale. Su questo aspetto incide molto la tendenza a realizzare i video, che si è diffusa durante la pandemia: anche in questo caso, infatti, i ragazzi avevano ripreso tutto con il cellulare e si scambiavano i filmati che sarebbero potuti finire in rete. Ma recentemente a San Vito lo Capo si sono affrontate in una rissa due fazioni composte da giovanissimi. E anche al carcere del Malaspina, che è strapieno, la situazione è delicata, tanto che un mese fa c’è stata pure l’evasione di due minorenni. La violenza. che sta crescendo giorno dopo giorno, è sempre più preoccupante».

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